Consumismo sfrenato e moda a basso costo: ecco quali sono le pesantissime conseguenze

di Giulia Bertoni

09 Febbraio 2017

Consumismo sfrenato e moda a basso costo: ecco quali sono le pesantissime conseguenze

Nel mondo, l'industria che inquina di più in assoluto dopo quella petrolifera è quella legata al settore tessile. Il processo di produzione che porta a riempire i negozi di abbigliamento, infatti, implica il ricorso a sostanze chimiche che per essere prodotte richiedono grandi quantità di olio nero. Ma il problema non sta "solo" lì. L'impatto ambientale dell'industria della moda è enorme non solo in fase di produzione ma anche in quella di smaltimento. A causa di quella che viene definita 'fast fashion', infatti, la velocità e la frequenza con le quali si producono vestiti hanno ampiamente oltrepassato la nostra possibilità di usufruirne e di smaltire i tessuti una volta dismessi.

Inquinamento dell'industria tessile come conseguenza della fast fashion.

Inquinamento dell'industria tessile come conseguenza della fast fashion.

Graphic Stock/Flickr

A partire dalla metà degli anni Duemila, molte aziende operanti nel settore tessile hanno smesso di mettere in commercio le tradizionali collezioni autunno-inverno e primavera-estate nell'intento di seguire il più rapidamente possibile i trend dettati dall'alta moda: l'obiettivo era rendere disponibile a prezzi accessibili non una ma più collezioni che s'ispirassero alle diverse case di moda che ogni anno presentano le proprie collezioni. In questo modo il numero e la rapidità con la quale venivano prodotti i vestiti è andato aumentando sempre più.
Questa tendenza comporta diversi problemi in quanto per soddisfare la domanda dei consumatori, aumentata del 400% negli ultimi venti anni, si sta dando ampio spazio alla produzione di tessuti sintetici che non solo vengono realizzati utilizzando enormi quantità di acqua, sfruttando la manodopera dei paesi poveri ed emettendo nell'atmosfera particelle e gas come la CO2, ossido di zolfo, idrocarburi e ossidi di diazoto, ma risultano poi anche tossici per la pelle e causano diverse malattie dermatologiche. Queste fibre, inoltre, non sono biodegradabili e riuscire a stare dietro a questo crescente consumismo della moda a basso costo risulta già impossibile. 
Ma come possiamo intervenire per invertire questo preoccupante trend? Innanzi tutto facendo informazione, aumentando la consapevolezza dei consumatori e facendo in modo che essi arrivino a chiedersi "Chi ha realizzato questa maglietta? E come?"; in secondo luogo è necessario rivolgersi direttamente alle grandi aziende del tessile per chiedere di mettere in atto strategie che puntino al riutilizzo: alcune di esse stanno iniziando a farlo proponendo ai clienti di riportare in negozio i vestiti che non vengono più utilizzati per essere utilizzati per produrre altri indumenti, imbottiture e tappeti di vario genere.
Preferire la produzione locale in luogo di quella su vasta scala, ricorrere a tessuti non tossici, incentivare il riutilizzo e imparare a rinunciare al superfluo sono tutte strade percorribili.