La città dalle 1001 chiese abbandonate: scoprite questo suggestivo sito archeologico armeno
In epoca medievale, fra il 961 e il 1045, il Regno dell'Armenia sotto la stirpe dei Bagratidi aveva come capitale la città di Ani. Con una popolazione stimata in circa centomila persone, Ani era nota come la città dalle mille e una chiese in quanto il suo territorio appariva ampiamente disseminato di edifici religiosi, oggi in rovina ma ancora osservabili. Scoprite insieme a noi quel che resta di una delle città-crocevia più maestose del Medio-Oriente che per molti armeni rappresenta ancora un luogo spirituale di delicata importanza.
La città di Ani si trova oggi in territorio turco, proprio al confine con l'Armenia.
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Il sito si trova a circa 1300 metri di altezza e grazie alla sua forma triangolare e alla particolare conformazione del territorio, appare naturalmente maestoso.
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Sebbene oggi sia in rovina, la città di Ani appariva una volta come una fortezza potente e bellissima che nel 961 fu scelta come capitale del regno dal Re Ashot III, detto 'il pacifico'.
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Negli anni successivi la città visse un florido periodo di espansione che nel 992 la portò a essere anche la sede della Chiesa apostolica armena e la sede del mausoleo della stirpe dei Bagratidi.
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Al picco del suo splendore, Ani era un punto di riferimento nel commercio con l'Impero bizantino e con quello persiano, nonché una delle vie d'accesso all'Estremo Oriente.
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Il declino della città iniziò con l'assedio di una popolazione turco-persiana, i Selgiuchidi, nel 1064, a cui seguì quello curdo, poi quello mongolo e infine quello turco, che decretò l'ingresso del territorio nell'Impero ottomano nell'anno 1579.
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All'interno delle mura di Ani sopravvisse una piccola città abitata fino alla metà del 1600 ma la zona venne completamente abbandonata quando nel 1735 i monaci abbandonarono il monastero per trasferirsi altrove.
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Nel 1878, la regione di Kars, in cui si trova anche Ani, passò sotto il controllo dell'Impero russo e fu allora che vennero realizzati i primi scavi archeologici.
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Quando la città venne ripresa dai turchi nel 1918 molti archeologi cercarono di portare via il maggior numero possibile di artefatti e salvarli così dalla distruzione e dal saccheggio.
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Uno degli archeologi più attivi in quest'operazione fu l'armeno Ashkharbek Kalantar che riuscì a portare via più di 6000 pezzi, oggi custoditi al Museo della storia di Yerevan.
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Tre anni più tardi il ministro della giustizia turco Riza Nur ordinò che la città venisse rasa al suolo ma l'ordine fu eseguito solo parzialmente in quanto il comandante del Fronte orientale Kâzım Karabekir si rifiutò di eseguirlo.
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Oggi il luogo appare del tutto abbandonato ma sono tanti i turisti che vi si recano per percorrere le strade di un sito che riveste un significato spirituale e storico ancora molto sentito.
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Sebbene Ani si trovi ufficialmente in territorio turco, infatti, le autorità e la popolazione armena non cessano di accusare il governo turco di aver lasciato che la città cadesse in uno stato di negligenza inaccettabile.
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I turchi, a loro volta, hanno in passato dichiarato che il sito era stato danneggiato non solo dai numerosi terremoti che l'hanno colpita (1319, 1832, e 1988), ma anche da esplosioni provenienti dal vicino confine armeno.
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In seguito ad ufficiale richiesta del governo turco, in ogni caso, nel 2016 il sito archeologico di Ani è entrato nell'elenco dei siti protetti dall'UNESCO. Questo dovrebbe garantire la disponibilità di fondi sufficienti alla tutela dell'area.
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