Inquinamento fuori controllo: trovati residui chimici anche nelle creature degli abissi
L'essere umano lascia sempre e in ogni luogo una traccia del suo passaggio, e nella maggior parte dei casi non si tratta di niente di buono. Sembra che l'uomo abbia per l'ambiente la stessa cura che rivolge ad una discarica, anzi possiamo affermare che abbia frainteso i due termini. I suoi tentacoli si sono estesi anche laddove fisicamente non è ancora mai arrivato: impossibile? Affatto. Come spiegare altrimenti la presenza di inquinanti chimici di natura industriale, in alcune specie animali delle inesplorate profondità marine?
via Nature
Non esiste più un punto del pianete che sia esente dall'inquinamento: neanche i fondali oceanici dove l'uomo non ha ancora mai messo piede.
Esistono ancora zone inesplorate del pianeta, tra queste la Fossa delle Marianne e quella meno nota del Kermadec, in Nuova Zelanda.
Uno studio condotto dal Professore Dr. Alan Jamieson, dell'Università scozzese di Aberdeen, ha esaminato alcuni crostacei che normalmente vivono a profondità che variano dai 7.000 ai 10.000 metri. I risultati hanno fatto rabbrividire per primi i ricercatori.
Le specie animali analizzate hanno rivelato la presenza nel loro corpo di inquinanti chimici industriali: residui di policlorobifenili (PCB) e di polibrominati difenili (PBDE), sono stati riscontrati in tutti i campioni in esame.
Entrambi gli inquinanti sono dei composti organici che hanno un effetto devastante sulle funzioni ormonali degli animali. L'avvelenamento non si limita ai crostacei ma anche ai loro predatori, che accumulano i composti nocivi nel proprio organismo con l'alimentazione stessa. In biologia si parla di bioaccumulo.
Krill666/commons.wikimedia.org
Dal punto di vista chimico il PCB è un composto particolarmente stabile, dunque non infiammabile e dalle proprietà isolanti termiche ed elettriche. La stabilità è anche responsabile della persistenza nell'ambiente. La produzione è stata vietata negli anni '70, quando ormai ne erano già state sintetizzate diverse tonnellate. Il PCB non si degrada naturalmente ed è accaduto che ingenti quantità siano state riversate in mare.
I PBDE avevano un utilizzo industriale come ritardanti di fiamma: nonostante l'elevata pericolosità, la loro produzione è stata limitata ma non fermata.
I particolari che emergono dallo studio del Dr. Jamieson sono i seguenti: 905 parti per milione (ppm) di PCB trovati nei crostacei della Fossa delle Marianne, cifra che supera quella dei granchi originari delle risaie sul fiume Liaohe, uno dei corsi d'acqua più inquinati della Cina.
La Fossa Kermadec è tra i luoghi più lontai da fonti di inquinanti chimici ma, a quanto pare, non per questo esente dall'essere contaminato.
Studi ulteriori approfondiranno le conseguenze sull'intero ecosistema di questo avvelenamento, ed indagheranno sulla persistenza di questi composti organici nell'ambiente. Ora possiamo solo affermare con profonda amarezza che i risultati dell'Antropocene, era geologica in cui è l'uomo fautore delle modifiche territoriali, non si stanno rivelando affatto incoraggianti per il futuro del Pianeta...