Venire al mondo senza soffrire: il metodo Leboyer per evitare i traumi della nascita
"Per il bambino la differenza è immensa". È forse questa la frase che più di tutte racchiude il significato di base di un libro pubblicato nel 1974 dal ginecologo francese Frédérick Leboyer. In esso non solo il medico elenca i più comuni traumi che i bambini subiscono alla nascita, ma tenta di riportare l'attenzione sulle esperienze che essi vivono in contrapposizione a quelle degli adulti presenti e di combattere l'abitudine di trattare la gravidanza alla stregua di una malattia in cui è solo il medico ad avere voce in capitolo.
Per una nascita senza violenza
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In un libro che ancora oggi ostetriche e ginecologhe/i di tutto il mondo prendono come riferimento (Per una nascita senza violenza), Leboyer spiega che il grande problema della nascita è che essa viene affrontata basandosi sulle paure degli adulti piuttosto che sulle reali necessità del nascituro e sull'assunto che essa implichi per forza di cose la sofferenza.
Leboyer spiega che non è così: quando nasce un bambino è già una persona che all'interno del grembo umano ha fatto la propria esperienza della vita in un modo del tutto particolare (ma reale!), un modo che vede sì nella nascita un passaggio potenzialmente difficile, ma che se trattato con rispetto e dolcezza può svolgersi in maniera davvero naturale e priva di quella sofferenza che ormai diamo per scontata.
Frédérick Leboyer - Photo by Andreas Bohnenstengel
Ma quali sono le procedure che secondo Leboyer sono le più dannose per il bambino e per il suo sviluppo? Il ginecologo ne illustra diverse ricollegandole principalmente agli organi di senso.
Vista. Vedere bene per poter assistere la madre è importante, ma accogliere il bambino con lampade scialitiche significa fargli provare una sensazione di vero e proprio bruciore. Al contrario di quello che dicono molti, infatti, i neonati non sono "ciechi", hanno solo bisogno di abituarsi a intensità di luci molto più di alte rispetto a quelle a cui erano abituati nella pancia. Per questo fare in modo che apra gli occhi per la prima volta in un ambiente nella semi-oscurità sarebbe la cosa migliore da fare.
Udito. Per suoni e rumori vale lo stesso discorso: venire al mondo con le grida di chi dice "Spinga!" come se fosse quella la cosa che dà davvero forza alla partoriente turba le delicate orecchie del bambino e non aiuta la donna a rilassarsi. Fra l'altro Leboyer rimarca come parlare ad alta voce sia un modo per distendere la tensione fra chi assiste al parto, piuttosto che di chi vi partecipa.
Tatto. Dell'importanza dell'immediato contatto skin-to-skin con la mamma ora si parla abbastanza spesso, tuttavia sarà bene ribadire che la pelle del neonato, così come la sua intera struttura ossea e muscolare, hanno bisogno di essere trattate con la maggiore delicatezza possibile: allontanarlo subito dalla sua unica fonte di nutrimento e calore, magari appoggiandolo su una gelida bilancia, non gli provocherà nulla di meno che uno shock.
Il ginecologo prosegue commentando la pericolosità di un repentino taglio del cordone ombelicale definendolo "un atto di grande crudeltà": bisogna ricordare, infatti, che quando l'aria invade per la prima volta i polmoni del bambino, egli percepirà come un fuoco che lo attraversa; in questa difficile esperienza, però, viene accompagnato dalla madre che lo aiuta a entrare nella nuova fase continuando a fornirgli ossigeno attraverso la placenta fintantoché il sangue non abbandona spontaneamente "la sua antica strada per investire progressivamente la circolazione polmonare".
Il libro scritto da Leboyer, senza mai rinnegare l'importanza dell'assistenza medica e senza pretendere che rispettare questi punti sia sempre possibile, ci fa vedere la nascita da una prospettiva che, ponendosi con umiltà davanti alla questione, non si può fare a meno di riconoscere come eccessivamente guidata dalle paure degli adulti e da tutti i condizionamenti che essi hanno acquisito col tempo. Una lettura vivamente consigliata a tutti, anche come "semplice" riflessione sulla vita.