Un bimbo "annega" giorni dopo aver fatto il bagno: ciò che gli è accaduto è raro ma possibile

di Giulia Bertoni

04 Luglio 2017

Un bimbo "annega" giorni dopo aver fatto il bagno: ciò che gli è accaduto è raro ma possibile

Quando i bambini fanno il bagno i genitori sanno che non bisogna mai perderli di vista e per questo motivo una coppia di genitori in vacanza con il figlio di 4 anni si sentiva tranquilla nel sapere che il loro piccolo aveva l'acqua che gli arrivava alle ginocchia. C'è un caso, raro ma possibile, in cui la morte non si verifica in acqua ma fuori, anche giorni dopo aver fatto il bagno ed è purtroppo proprio ciò che è capitato a Franky Delgado. Parliamo dell'annegamento secondario e di quello "secco".

Immagine di copertina: Graphic Stock/Pool Safely

via dailymail.co.uk

Annegamento secondario e annegamento secco

Annegamento secondario e annegamento secco

KHOU 11

L'annegamento si verifica quando le vie aeree vengono inondate di liquido, provocando una reazione asfittica caratterizzata dall'alterazione dei normali scambi respiratori. Solitamente questo si verifica quando la persona è ancora in acqua e dopo aver inalato grosse quantità di liquido, ma in alcuni casi può succedere che si inali dell'acqua e che questa arrivi ai polmoni senza i segnali drastici di un vero e proprio annegamento, oppure quando si pensa di aver adeguatamente svolto la manovra di rianimazione ma non si fanno ulteriori accertamenti per verificare lo stato dei polmoni.
Altre volte, invece, non c'è inalazione di liquido ma il cervello, per qualche motivo (come ad esempio un impatto forte con l'acqua dopo un tuffo), reagisce provocando comunque la contrazione dei muscoli della laringe, che a loro volta mandano alle corde vocali il segnale di chiudersi ostruendo il passaggio dell'aria. Nel primo caso, in cui si verifica edema polmonare, si parla di annegamento secondario, mentre nel secondo di annegamento secco.

KHOU 11

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Ciò che è accaduto al piccolo Franky è un caso di annegamento secondario in quanto, una volta in ospedale, i medici hanno rilevato tracce di acqua nei suoi polmoni. Nella settimana trascorsa tra la gita al fiume e la sua morte, il piccolo aveva avuto vomito e diarrea ma i genitori hanno capito che c'era qualcosa di serio solo quando la situazione era ormai troppo grave.

I medici ritengono che si tratti solo dell'1-2% dei casi totali ma riconoscerne i segnali è importante per intervenire tempestivamente. Fra di essi ricordiamo: la sensazione di soffocamento e dispnea (difficoltà a respirare), l'abbassamento della voce, rumori respiratori anomali, tachicardia, sudorazione e tosse abbaiante. Spesso a essi si accompagna il vomito, l'inappetenza e la spossatezza.
Per prevenire queste situazioni si può incoraggiare il tuffo (non troppo violento) in acqua tappando naso e bocca, mentre quando capita di bere, incoraggiare il bambino (o l'adulto) a tossire. In ogni caso, se si ha la fortuna di sopravvivere a un annegamento è sempre bene recarsi all'ospedale e controllare che non ci siano residui di acqua nel polmoni