Gli studiosi scoprono il segreto che permette alle strutture portuali romane di durare così a lungo
Sicuramente sarà capitato a chiunque di trovarsi di fronte ad un monumento o a una costruzione risalente a 2000 anni prima e di pensare: come è possibile che nonostante la potenza distruttiva del tempo sia ancora qui mentre altre costruzioni molto più recenti cadono letteralmente in rovina?
Ebbene, a questa domanda vogliono dare risposta i ricercatori del Lawrence Berkeley National Laboratory (Berkeley Lab) e dell'Università dello Utah che hanno condotto uno studio sulle strutture portuali di Orbetello (Toscana) create dai Romani, ancora pressoché intatte dopo secoli e secoli di contatto con il mare.
Il segreto, secondo la professoressa Marie Jackson, docente di geologia e geofisica presso l'ateneo di Salt Lake City, starebbe proprio nella capacità di sfruttare il moto ondoso per rinforzare anziché indebolire le strutture.
La ricercatrice iniziò ad interessarsi alle indistruttibili strutture di calcestruzzo romano molti anni fa, concentrandosi poi sul ricercare il ruolo che tufi e ceneri vulcaniche avessero nel favorire questa robustezza. Dopo aver effettuato moltissimi carotaggi tra il 2002 e il 2009 all'interno del progetto Romacons (Roman Maritime Concrete Study), il team della professoressa individuò i cristalli di un materiale stratificato, la tobermorite alluminosa (Al-tobermoritico), estremamente raro e difficile da riprodurre in laboratorio.
La loro scoperta è stata poi approfondita con altre indagini ai raggi X al Berkley Lab, che hanno portato alla luce la presenza di altri cristalli associati al minerale (come zeolite e phillipsite) che ne hanno irrobustito enormemente la struttura.
I cristalli di tobermorite alluminosa sono stati trovati anche all'interno di rocce vulcaniche e per questo si riteneva che si potessero creare solo ad altissime temperature. Ma quindi come hanno fatto i Romani ad ottenerli senza calore? A quanto pare - e qui entrano in gioco le ceneri - osservando il modo in cui le ceneri vulcaniche, a contatto con l'acqua di mare, si trasformano in pietra. Questi cristalli si sarebbero quindi originati dallo scioglimento della cenere vulcanica utilizzata nell'impasto ad opera dell'acqua marina.
Riuscire a scoprire la ricetta esatta del calcestruzzo romano non avrebbe un impatto solo a livello chimico o storico, ma anche ambientale. Infatti il materiale più usato al momento nella costruzione di strutture a contatto con l'acqua è il cosiddetto cemento Portland, la cui produzione richiede temperature elevatissime e quindi enormi emissioni di anidride carbonica.
Ancora una volta per poter costruire un futuro dobbiamo guardare al passato, che come al solito riserva numerose e utilissimi sorprese.