Una foto come questa risulta disgustosa per molte persone: la scienza sta cercando di capire perché
Se le immagini di piccoli buchi ravvicinati vi infastidiscono a tal punto da non poterle guardare perché provate forti sensazioni di repulsione e alcune volte addirittura nausea, allora siete tripofobici. Anche se poco conosciuta e di natura ancora misteriosa, questa fobia esiste a pieno titolo, ma è piuttosto giovane, infatti è l'ultima paura ad essere stata registrata nel campionario delle fobie nel 2005. Per molti è figlia di internet e delle chiacchiere sui social, ma si sbagliano. Almeno per ora.
Le immagini che causano il disturbo (non riconosciuto dalla medicina) includono sia oggetti naturali, come le ali di una farfalla o l'alveare delle api, che oggetti artificiali, come una serie di cannucce di plastica affiancate o un'immagine modificata che rechi un pattern ripetitivo e forato. Nonostante la natura apparentemente innocua, a sentire coloro i quali ne sono soggetti, immagini come queste possono indurre una serie di sintomi come l'ansia, fastidi corporei legati alla pelle come prurito e reazioni fisiologiche come la nausea.
Ad oggi ci sono pochi studi riguardanti la tripofobia, secondo alcuni potrebbe essere una forma di disgusto, un timore irrazionale o una risposta evolutiva a un pericolo; ma nessuno è ancora stato in grado di dare una risposta definitiva e convincente.
Qualcuno azzarda altre ipotesi: lo psicologo Arnold Wilkins, in un articolo su The Conversation, sostiene che la paura potrebbe derivare dalla difficoltà del cervello di elaborare pattern matematici: "immagini con queste caratteristiche richiedono un maggiore impegno del cervello, per essere elaborate. Richiedono, senza uno scopo razionale, più ossigeno: un lavoro inutile, che crea disagio". Lo studioso vorrebbe iniziare una ricerca monitorando i livelli di ossigeno nel cervello quando si guardano le immagini. "Forse il disagio e la repulsione agiscono da meccanismi di difesa automatici proprio per evitare l'eccessiva ossigenazione del cervello" conclude Wilkins. Tuttavia ancora non abbiamo una soluzione.