Uno schiavo di 12 anni scoprì il metodo di impollinazione che permette oggi di avere la vaniglia
L'aroma di vaniglia è oggi quello maggiormente nell'industria alimentare e anche in quella della cosmetica, ma se oggi possiamo odorare questo magnifico profumo è solo grazie all'intuizione geniale avuta da un giovane schiavo appassionato di botanica. Non tutti sanno infatti che la pianta di vaniglia, per produrre i baccelli da cui poi si estraggono i semi, deve essere impollinata, altrimenti la pianta produce solo bellissimi fiori che sfioriscono velocemente.
Immagine di copertina: Ted Major/Flickr | Everglades National Park/Wikimedia
La vaniglia è stata esportata per la prima volta dal Messico: portata in Europa, ha riscosso un'incredibile successo tra i nobili e gli aristocratici.
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I nobili semplicemente adoravano quell'aroma così e nuovo e diverso da quelli conosciuti, quella dolcezza così intensa, ma allo stesso tempo così delicata. Si narra che una delle dame più note della corte del re francese Luigi XV, Madame de Pompadour, ne fosse praticamente innamorata: la usava come profumazione e come aroma alimentare per le sue zuppe. La vaniglia all'epoca veniva usata anche come farmaco per alleviare i dolori allo stomaco.
Tuttavia le minime quantità che venivano esportate dal Messico, la facevano essere così rara da essere preziosa quasi quanto l'oro.
Gli imprenditori del tempo, vedendo l'estremo successo che quella pianta stava avendo in tutta Europa, decisero di provare a piantare la vaniglia in altri luoghi: molti paesi europei sfruttarono le colonie, il cui clima assomigliava molto di più a quello messicano.
Nel 1820, i coloni piantarono distese di vaniglia nelle Mauritius, in Madagascar e nell'Isola di Riunione (una volta chiamata di Bourbon): arrivarono qui con sacchi pieni di semi, sperando di iniziare una proficua produzione.
Presto però i coltivatori si resero conto che le faccende non stavano andando nel verso sperato: nessuna delle piante produceva quei preziose baccelli da cui si ricavavano i profumati semi.
I botanici individuarono il problema: se in Messico c'erano numerosi insetti che impollinavano i fiori di vaniglia, nelle colonie nessun insetto sembra avere intenzione di farlo. Gli studiosi si incaponirono nel cercare un modo per salvare ettari ed ettari di piantagione, ma senza risultati.
Senza baccelli, non si aveva l'estratto di vaniglia, e di conseguenza niente da vendere.
Nel 1830, Charles Morren, un professore di botanica all'Università belga, scoprì un metodo di impollinazione manuale che risultava però troppo lento, e quindi impensabile da poter applicare ad intere piantagioni.
La storia ha voluto che fosse un giovane di 12 anni, orfano, analfabeta e schiavo presso un proprietario terriero, ad individuare il metodo di impollinazione che ancora oggi viene usato.
Album de l'Ile de la Réunion/Wikimedia
Il nome del giovane è Edmond Albius: schiavo praticamente fin dai primi anni di vita, entrò a far parte della servitù di un tale Ferreol Bellier-Beaumont, proprietario terriero sull'Isola di Riunione.
Beaumont prese in simpatia il giovane e lo portava con sé durante le passeggiate nei campi: Albius mostrò un particolare interesse per l'orticoltura e la botanica ed era al corrente del problema che affliggeva i produttori di vaniglia sull'isola, tra cui il suo padrone stesso.
Un giorno Albius, durante una delle quotidiane passeggiate, portò Beaumont nella parte della tenuta dedicata alla coltivazione di vaniglia e gli mostrò alcuni baccelli cresciuti su una pianta.
Beaumont non proferì parola per lo stupore: all'inizio pensò che tutto fosse dovuto all'impollinazione di qualche insetto, un caso fortuito, ma poi capì che di mezzo c'era lo zampino del suo fedele schiavo. Albius gli spiegò che aveva prima imparato l'impollinazione dei delle piante di anguria, che veniva fatta legando insieme la parte femminile e quella maschile, e che poi provò a ripeterla sui fiori di vaniglia.
Albius aveva individuato da solo la parte del fiore che produceva polline e quella che doveva essere 'impolverata' per produrre frutti, e notò anche la presenza di un elemento che separava le due parti, probabilmente necessaria ad impedire l'auto-impollinazione.
Il metodo escogitato da Albius fece prima il giro dell'isola, poi delle isole circostanti e in pochissimo tempo finì sulla bocca di tutti i produttori di vaniglia. È indescrivibile la fortuna che quest'uomo procurò alla Francia: per farsi un'idea basta pensare che nel 1841 dall'isola non veniva esportato un grammo di vaniglia, mentre nel 1867 ogni carico pesava 20 tonnellate.
Con il tempo le piantagioni di vaniglia si spostarono dall'Isola di Riunione al Madagascar, che rimane ancora oggi uno dei principali produttori.
Ovviamente Albius non beneficiò minimamente della sua scoperta.
Era e continuò ad essere uno schiavo analfabeta, almeno fino al 1848 quando ci fu l'abolizione della schiavitù. La sua vita non cambiò molto, visse in povertà fino alla sua morte avvenuta nel 1880, all'età di 51 anni. Solo due righe sul giornale locale lo ricordarono come "l'uomo che inventò il metodo di impollinazione della vaniglia, senza ricavarne un centesimo: Edmond Albius".