La leggenda di Colapesce: il primo eroe siciliano che trasse in salvo la sua patria

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di Claudia Melucci

03 Giugno 2018

La leggenda di Colapesce: il primo eroe siciliano che trasse in salvo la sua patria

Una delle leggende più emozionanti e significative per i siciliani è quella che narra di Colapesce: un racconto molto antico, si stima del XII secolo, che si è tramandato fino ai giorni nostri. Ne esistono diverse versioni, ma ognuna narra della straordinaria e coraggiosa vita di un giovane ragazzo che si è sacrificato per la sua terra e per il mare che amava più di ogni altra cosa. 

La leggenda di Colapesce

La leggenda di Colapesce

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Tanto tempo fa viveva a Messina un ragazzino di nome Nicola, che tutti però chiamavano con il nome di Cola. Abitava in una capanna sulla spiaggia, a pochi metri dal mare, quel mare che lui amava e che non smetteva di osservare dall'alba al tramonto. Lo conosceva come le sue tasche e non si allontanava mai da lui. 

Negli anni era diventato così esperto del mare che aveva trovato il modo di restarci per ore, ovvero facendosi inghiottire dai grandi pesci che lo abitavano.

Cola, però, non era una gioia per la famiglia, ma solo un grande dispiacere: a differenza degli altri fratelli, che ogni giorno non si risparmiavano la fatica di lavorare sui pescherecci, Nicola non ne voleva sapere di prelevare dal mare le creature che tanto amava. Quando la barca della sua famiglia approdava carica di pesci, lui, come in preda ad un dolore profondo, si riempiva le braccia di quegli animali per rigettarli in mare. Il padre, la madre e i fratelli che si erano bruciati la pelle sotto il sole allontanavano Cola con pesanti parole. La madre aveva pregato il cielo che il figlio si trasformasse in pesce pure lui, così l'avrebbe finita di condannare la famiglia intera.

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In Sicilia si dice che le parole dei genitori vengano sempre ascoltate: così, Cola, iniziò a trasformarsi in un vero e proprio pesce. La pelle iniziò a farsi squamosa, gli uscirono le branchie, la coda e le pinne. Divenne un abilissimo nuotatore, in grado di rimanere a lungo tempo in acqua e nelle profondità. In paese non si parlava di altro e le voci arrivarono anche al re, il quale si mostrò impaziente di verificare quanto circolava, con i suoi occhi.

Il re raggiunse il luogo in cui il giovane trascorreva gran parte della sua giornata e fu accolto con fare gentile. Nicola ascoltò la sua proposta: per verificare le sue nuove abilità acquisite con la trasformazione in pesce, avrebbe dovuto recuperare una coppa d'oro gettata in fondo al mare dal re in persona.

Cola non se lo fece ripetere due volte: entrò in mare, si immerse e poco dopo tutti lo videro tornare sorridente con il trofeo stretto tra le mani. Il re rimase colpito da quel ragazzo, ma la prova appena portata a termine non gli bastò: volle buttare la coppa in un punto in cui il fondale precipitava molto più in basso. 

Toni Pecoraro/Wikimedia

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Fu in quell'occasione che Cola scoprì qualcosa di mai visto prima: immergendosi ad una profondità estrema, vide davanti a sé tre colonne che sorreggevano la sua Sicilia. Una di queste, però, era distrutta da un fuoco e di lì a poco avrebbe ceduto. Cola riemerse con un filo di fiato per la paura e corse ad avvisare il re, il quale ascoltò pur sapendo di non poter far nulla.

Resosi conto dell'imminente pericolo, Cola rivolse lo sguardo verso il mare e ci si diresse senza esitazione: aveva già deciso di donare la sua vita al mare e a tutto il suo popolo. Tornò nel punto in cui la colonna si faceva sempre più sottile e si sostituì ad essa. Nicola, detto Cola, è considerato il primo eroe siciliano, grazie al quale la Sicilia è ancora viva.