Una settimana lavorativa di 4 giorni? Farebbe bene a noi, al pianeta e alla produttività
All'inizio dell'età industriale non c'era una grande regolamentazione dell'orario di lavoro e per ottenere le tutele odierne, le famose "otto ore di lavoro" al giorno e la classica settimana 5 su 7, si è lottato molto. All'alba del secolo scorso doveva apparire a molti una follia lavorare "solo" otto ore e "solo" cinque giorni. Allo stesso modo qualcuno reagisce oggi a chi propone di ridurre ulteriormente la settimana lavorativa, per una durata di quattro giorni soltanto.
Ma le ragioni ci sono e non riguardano solo il benessere dei lavoratori.
Al giorno d'oggi si registrano tendenze preoccupanti sui luoghi di lavoro come quella di saltare la pausa pranzo per essere (o apparire?) più produttivi. Infatti meno del 20% degli statunitensi lasciano la scrivania per pranzare e fenomeni simili si verificano in Regno Unito, dove il professor John Ashton rivendica con forza la necessità dell'introduzione della settimana corta.
Gli attuali orari di lavoro, infatti, stressano mentalmente e fisicamente i dipendenti che finiscono, paradossalmente, con l'essere molto meno produttivi. Aziende che hanno provato a ridurre il numero di ore hanno anche registrato benefici per la produttività generale.
Come per esempio in Svezia, dove le quattro giornate di lavoro sono state sperimentate sin dal 2015 e coincidono con meno giorni di malattia per i lavoratori che spesso fanno attività fisica durante il giorno extra di riposo.
Ma non è finita qui. Secondo il sociologo Alex Williams della City University Of London la riduzione della settimana lavorativa avrebbe anche un grande impatto sull'ambiente, in senso positivo. Immaginate infatti un giorno in meno in cui migliaia di lavoratori fanno su e giù in automobile nel tragitto casa-lavoro. Pensate a tutti gli uffici che non consumano quei quantitativi immensi di energia elettrica per tenere illuminato e operativo ogni ambiente.
È stato calcolato infatti che ridurre anche solo del 10% le ore di lavoro di una persona abbassa del 15% la sua "impronta di carbonio" che è il parametro utilizzato per calcolare le emissioni di gas serra di ciascuno di noi.
Ci sono insomma tante buone ragioni per provare a cambiare la nostra attitudine verso il lavoro. Non riguardano solamente la salute e il benessere dei lavoratori che è comunque sacrosanto, ma la produttività stessa delle aziende: lavorare tanto e male è peggio che lavorare poco e bene.
Chissà se un giorno non guarderemo alle nostre settimane 5/7 con lo stesso stupore che riserviamo ai ritmi massacranti delle fabbriche ottocentesche.