Il design degli Apple Store? Lo ha inventato Adriano Olivetti nel 1954
Quando si parla dei prodotti Apple, si finisce sempre a discutere del cosiddetto "valore aggiunto" del brand. Tanto i critici, quanto gli ammiratori, sono concordi a riconoscergli un ruolo centrale nella strategia aziendale. Il "valore aggiunto" della Apple è ciò che fa costare i suoi prodotti più di quelli dei competitors, una sorta di filosofia, di estetica, di poetica trasmesse dalla mela di Steve Jobs per le quali i suoi clienti sono disposti a spendere di più. Diciamolo così: un carisma.
Centrale nella costruzione del carisma del brand sono gli Apple Store, più simili a delle cattedrali che a un comune negozio. Ma sapevate che sono stati inventati da un italiano venti anni prima che la Apple nascesse?
È il 1954 quando Adriano Olivetti, imprenditore italiano che dirige l'omonima azienda produttrice di macchine da scrivere, decide di aprire un negozio monomarca a New York. Ingaggia un prestigioso studio di architetti, il B.B.P.R., e sceglie uno dei luoghi più ricchi e glamour della città, la Quinta Strada.
Ciò che esce fuori dalla filosofia di Adriano e dalle idee degli architetti non ha precedenti nella storia del design di esercizi commerciali (ma avrà ben noti successori). L'Olivetti Store è un open-space tutto marmo e vetro, aperto agli occhi e ai clienti, con le macchine da scrivere esposte. Chiunque può entrare e provarle, lasciare un messaggio o magari portarselo a casa. Sì, sappiamo che vi ricorda qualcosa.
Lo store attira subito l'attenzione della stampa, generalista e non, e inizia a essere trattato più come un'opera d'arte che come un mero esercizio commerciale. Il Time lo definisce "il più bello della Quinta Strada", la rivista Domus intuisce che "è una invenzione, è pieno di inediti e di valori poetici". Siamo di fronte a una rivoluzione del marketing, un nuovo modo di vedere e imporre un brand nell'immaginario collettivo, legandogli valori che vanno ben al di là del suo semplice uso.
Valori che possono essere messi a profitto: la Olivetti Divisumma raggiungerà un prezzo pari a dieci volte il suo costo di produzione e, nel 1959, l'azienda controllerà un terzo del mercato mondiale delle macchine da scrivere.
Le analogie con le imprese di Steve Jobs sono molteplici. L'Apple Store, in particolare, sembra una copia carbone dei negozi monomarca Olivetti: una teca di vetro con le pareti bianche e i prodotti disposti ordinati sui banchi, cosicché le persone possano provarli lì, proprio dentro la cattedrale del brand. Quelli di Olivetti avevano i tasti e nessun schermo, quelli di Jobs hanno lo schermo e nessun tasto ma il pensiero dietro è lo stesso: questa cosa non ti serve solo a scrivere o ad andare su internet; questa cosa ti definisce.
Entrambe le aziende sono diventate leader nel loro settore, tanto che il nome comune del prodotto viene spesso sostituito dal nome del brand: in passato si diceva "una Olivetti" per intendere "macchina da scrivere", oggi capita di dire "i-Phone" al posto di "smartphone".
MetalGearLiquid/Matt Yohe/Wikimedia
Adriano Olivetti scomparirà nel 1960. Due anni dopo nasce la divisione elettronica dell'azienda, guidata da suo figlio Roberto che inizierà a sperimentare con i computer. L'Olivetti però non riuscirà mai a imporsi in quel mercato e, poco più di dieci anni dopo, tre ragazzi emergeranno da un famoso garage della California con un'idea in testa e la voglia di prendersi il mondo.
Eppure noi sappiamo che quei negozi scintillanti che apriranno molti anni dopo non sono frutto del loro genio. Come diceva Picasso a proposito dei grandi artisti: la genialità sta anche e soprattutto nel saper copiare.