Se ami davvero il mare, non dovresti MAI acquistare souvenir fatti con creature marine: ecco perché

di Laura Gagliardi

21 Luglio 2018

Se ami davvero il mare, non dovresti MAI acquistare souvenir fatti con creature marine: ecco perché

Facili da trovare in ogni negozio di arredo soprattutto nella stagione estiva, le conchiglie sono oggetti diffusissimi e tra i souvenir tipici delle destinazioni turistiche marittime. Eppure, proprio per queste stesse ragioni, hanno innescato un commercio che, anche sfuggendo ai divieti internazionali, ha raggiunto non solo dimensioni enormi, ma ha anche legittimato pratiche di produzione estremamente crudeli. Finendo per mettere a rischio l'ecosistema di intere macro-aree marine.

Nikita/Flickr

Nikita/Flickr

Diversamente da quanto si può credere, le meravigliose conchiglie in vendita non sono state raccolte sulla spiaggia, già vuote ed essiccate come le acquistiamo. Esse sono invece il frutto di processi di produzione crudeli in maniera estrema, e spesso contrari alle norme internazionali, come spiega Amey Bansod, ricercatore e promotore della campagna Ri-Fraiming Sustainability in Livelihoods.

Nel 2014 nel corso delle sue ricerche sul lavoro degli artigiani di conchiglie in India, a Kanyakumari, Bansod scoprì che dietro la maschera dell'artigianato si nasconde un'immensa industria dai metodi di produzione spietati. In media, ogni fabbrica tratta tra 30 e 100 tonnellate di conchiglie al mese, dragate illegalmente dai fondali marini, quindi per la maggior parte ancora vive al loro arrivo in fabbrica. Qui, vengono immerse in serbatoi pieni di acido per uccidere i molluschi, poi raschiate e levigate a mano, ed infine immerse nell'olio per ottenere una finitura lucida.

I gusci sono quindi venduti direttamente o meno agli artigiani locali, oppure esportati all'estero - in un traffico che negli ultimi trent'anni è cresciuto esponenzialmente, passando dalle 500 tonnellate annuali alle 1.600 mensili. Tra i principali produttori, oltre all'India, anche Filippine, Indonesia, America Latina e Caraibi.

Non fate però l'errore di pensare che sia una pratica limitata ai paesi tropicali! In tutte le destinazioni marittime del mondo si possono trovare bancarelle che espongono conchiglie colorate e stelle marine o pesci essiccati. E da dove pensate che provengano, se non dai fondali marini lì intorno?

pixabay

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Pochissime specie sono protette dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES), l'organismo che regola il commercio globale di specie selvatiche. E anche se protetta, come la conchiglia regina o il nautilus da camera, è difficile da monitorare e controllare, soprattutto perché oggi gran parte delle vendite avviene su Internet. Un altro problema è poi "l'identificazione delle specie di molluschi" e il fatto che in Europa, Cina, Taiwan e Hong Kong "i gusci hanno la stessa specie o genere di codici doganali di coralli e altri molluschi, crostacei ed echinodermi", secondo Alejandra Goyenechea, senior international counsel for Defenders of Wildlife. 

La regolamentazione di questo commercio è però di vitale importanza, perché come spiega Neil Garrick-Maidment, direttore esecutivo di The Seahorse Trust "se si estrae dall'ambiente più di quanto sia sostenibile, allora quell'ambiente e l'ecosistema collassano". Infatti quelle conchiglie svolgono una varietà di ruoli ecologici, tra cui fornire un ancoraggio per le alghe, cibo per altri animali e filtro per l'alimentazione di cirripedi, che aiutano a pulire l'acqua; in generale sono considerati indicatori eccellenti della salute dell'ecosistema.

Enochlau/Wikimedia

Enochlau/Wikimedia

La vera speranza di salvezza, allora, risiede nella scelta di non acquistare MAI conchiglie, stelle marine o pesci "soprammobile", soprattutto se non se ne conosce la provenienza. La fauna selvatica appartiene allo stato selvatico, non alle nostre case.

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