La Porta Alchemica: un mistero nel cuore di Roma rimasto irrisolto da secoli
Roma, la Città Eterna, affascina per la sua bellezza, la cultura, così come per i misteri che accoglie da secoli, serbandoli per i posteri più curiosi. In ogni strada, dentro ogni palazzo o rudere, si cela una storia che non aspetta altro di essere rispolverata e raccontata.
Una di queste si trova ad esempio a Piazza Vittorio Emanuele II: se avete la fortuna di passarci, fermatevi di fronte alla Porta Alchemica, anche detta Porta Magica, ed ammiratela, ricordando la storia che vi sveleremo in questo articolo.
La prima informazione da dare sulla Porta è che originariamente di trovava a Villa Palombara, poco distante dalla piazza, e di proprietà del marchese Massimiliano Palombara (1614-1685), che qui vi aveva installato il proprio laboratorio di alchimia. Questa era infatti una grande passione del marchese, che ebbe la fortuna di condividere con altri noti personaggi dell'epoca, tutti amanti di esoterismo ed alchimia.
Sailko Opera propria/Wikipedia
Questi appassionati avevano il proprio luogo d'incontro in Palazzo Riario, dimora della regina Cristina di Svezia, in esilio a Roma e discepola di Cartesio; considerata la donna più colta del suo secolo, riuniva intorno a sé scrittori, poeti e artisti, ma furono gli alchimisti a rendere celebre il luogo come "il palazzo degli alchimisti".
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Fu a Palazzo Riario che il marchese conobbe l’alchimista bolognese Pietro Antonio Bandiera, il gesuita Atanasio Kircher- studioso dell’antica alchimia egiziana - e, soprattutto, il mistico milanese Giuseppe Francesco Borri, reduce da alcuni anni di prigione per eresia. Quest'ultimo, in particolare, divenne amico intimo del marchese, che non a caso lo ospitò a Villa Palombara fino ai suoi ultimi giorni.
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Proprio intorno alla figura di Borri ruota la leggenda della Porta Alchemica, resa nota solo nel 1802: egli racconta che una notte i cancelli di Villa Palombara furono aperti per ospitare un pellegrino.
In realtà si trattava di un noto alchimista - Francesco Borri, appunto - il quale era alla ricerca di una pianta miracolosa capace di trasformare il metallo in oro, che si trovava proprio nel giardino del marchese.
La ricerca andò a buon fine: la mattina dopo, l'alchimista era sparito, lasciando dietro di sé la Porta Magica, alcune scaglie d'oro, ed un manoscritto contenente simboli magici - simili a quelli del misterioso manoscritto Voynich -, forse la formula della pietra filosofale.
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Il marchese, allora, fece incidere quei simboli sulla Porta Magica, nella speranza che un giorno qualcuno riuscisse a decifrarli, e ad attraversarla, come aveva fatto il suo creatore Borri.
Tuttavia sembra più probabile l'ipotesi che fossero stati il marchese Palombara e Borri insieme a far realizzare la Porta ed incidervi i segni mistici.
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Solo nel 1800 la Porta Alchemica fu smontata e ricollocata su un muro di una chiesa in Piazza Vittorio, dove la si può trovare attualmente. Inoltre, affianco ad essa sono state poste due statue egizie, raffiguranti la divinità Bes, protettrice degli uomini.
Un mistero nel mistero: scomparsa e ricomparsa di Francesco Borri
Un altro aneddoto interessante legato alla leggenda della Porta Alchemica riguarda Borri. Nel 1691 infatti fu nuovamente imprigionato a Castel Sant’Angelo, dove trascorse i suoi ultimi giorni di vita. Eppure c'è chi crede che egli ricomparve poco dopo.
Infatti, nel 1712 nacque il Conte di Saint Germain, destinato a divenire un celebre alchimista, inventore - secondo alcuni - dell’elisir di lunga vita, e capace di scomparire e riapparire a suo piacimento in luoghi diversi.
Molti sostennero si trattasse di una sorta di reincarnazione di Francesco Borri, data la somiglianza fra i due alchimisti (vedi foto) e l'aura magica che avvolse le vite di entrambi.