Il mostro di Treblinka: ecco una delle figure più spietate e perfide dell'Olocausto
Quello che per la storia è Kurt Hubert Franz, ma che moltissimi prigionieri dei campi di sterminio conoscevano come "la bambola" per i suoi lineamenti fanciulleschi, è stato un uomo che ha seminato morte e terrore soprattutto nell'ultima fase dell'Olocausto nazista. Nacque a Düsseldorf nel 1914 e rimase orfano di padre in tenera età; fu proprio dal nuovo marito di sua madre, un fervente nazionalsocialista, che ereditò l'interesse - o per meglio dire il fanatismo - per la figura di Hitler, arrivando ad iscriversi al Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori nel 1932.
La sua carriera militare, iniziata nel 1935 come semplice soldato, conobbe una rapida evoluzione, portandolo a ricoprire il ruolo di caporale nel campo di concentramento di Buchenwald solo qualche anno dopo. Successivamente partecipò al programma di eutanasia Aktion T4, in cui venivano eliminati portatori di handicap e persone affette da malattie genetiche, e poi venne impiegato in altri campi di sterminio, ma fu a Treblinka, tra il '42 e il '43, che riuscì a lasciare un'impronta personalissima ed indelebile in una delle pagine più orribili della storia.
Uno degli aspetti più temuti di Franz era indubbiamente il suo rapporto con Barry, il suo San Bernardo. L'enorme cane, che normalmente era di natura docile e si lasciava accarezzare, poteva rispondere in maniera diligente ai suoi ordini: appena un deportato attirava l'attenzione dell'ufficiale, lui ordinava al cane di morderlo ai glutei o ai genitali, con conseguenze che potete immaginare.
Ovviamente, il cane era solo uno dei mezzi con cui Franz infliggeva atroci sofferenze agli ebrei.
Le sue misure repressive infatti erano severissime: dopo la fuga di un gruppo di lavoratori, tutti fucilati in seguito, stabilì la regola che per ogni fuggiasco altri 10 prigionieri avrebbero conosciuto una morte immediata.
La sua predilezione per le armi da fuoco trovava la sua espressione soprattutto all'arrivo dei treni. Sparare alla gente appena prelevata dai vagoni sembrava essergli particolarmente gradito.
Si racconta che una volta fece scendere un gruppo di uomini e li interrogò sulla loro fede; quelli che dichiaravano di credere in Dio venivano messi come bersaglio umano con una bottiglia di vetro in mano. Se sparando avesse centrato la bottiglia, significava che Dio aveva voluto risparmiare il suo devoto, e quindi esisteva davvero. Inutile dire che vennero tutti fucilati dopo interminabili torture psicologiche e fisiche.
Anche la sua abilità da pugile gli offriva degli spunti per le sue angherie. Pare infatti che usasse i prigionieri come sacchi da boxe, o che li sfidasse a duelli che finivano, pensate un po', sempre con l'uccisione a sangue freddo dell'avversario.
Uno dei suoi bersagli preferiti erano però i bambini. Pare che sparasse ai più piccoli con estrema facilità, godendo soprattutto della presenza delle madri inorridite.
Poco dopo che Franz divenne comandante del campo di Treblinka, venne avviata la Sonderaktion 1005, l'operazione con cui i nazisti tentarono di eliminare le tracce dello sterminio attraverso il disseppellimento e la cremazione dei cadaveri e lo smantellamento dei campi. Fu in questa fase che il comandante, come tra l'altro tutti gli ufficiali dell'Olocausto, poté dare sfogo a tutta la sua crudeltà.
Il campo di Treblinka non era dotato del gas altamente velenoso Zyklon B, usato invece ad Auschwitz: i prigionieri erano uccisi usando il monossido di carbonio emesso da alcuni carri armati russi, e ciò rendeva la morte particolarmente lenta e atroce.
Le urla di dolore delle vittime (che nell'ultima fase arrivarono ad essere 30.000 al giorno) e l'operazione di riesumazione dei cadaveri, erano aspetti insostenibili per le persone comuni: ogni giorno tra i 15 e i 20 addetti del campo si suicidavano impiccandosi, sopraffatti dall'orrore di ciò che vedevano e ascoltavano; anche gli abitanti del vicino paese di Wólka scappavano nei boschi per non sentire le urla delle persone straziate.
Il comandante Franz fece realizzare una griglia di 150 metri su cui venivano incendiati cadaveri a rotazione continua, fino a 15.000 al giorno. E quando fu chiaro che i nuovi prigionieri erano troppo più numerosi di quelli che venivano gasati e cremati, si arrivò a gettarli direttamente sulle pire infuocate.
Franz non mancò di accanirsi ancora sui bambini, gettando anche loro sull'enorme griglia sfidando contemporaneamente le madri a seguirli per salvarli.
Il campo di Treblinka fu chiuso a settembre del '43; un gruppo di 60 uomini fu incaricato di smantellare le strutture, e poi fu ucciso nell'ultima camera a gas rimasta attiva. Dopo aver dato la morte a 700-900 mila ebrei, il campo fu camuffato dietro l'apparenza di un'innocua azienda agricola.
Il comandante Kurt Hubert Franz, dopo essere stato arrestato, essere fuggito, essere stato arrestato di nuovo e poi rilasciato, lavorò incredibilmente come un normale cittadino per altri 10 anni a Düsseldorf. Quando gli atti e le indagini sull'orrore di Treblinka arrivarono a lui, fu finalmente arrestato in casa propria il 2 dicembre del 1959.
Il processo, iniziato nel 1965 e durante il quale lui si dichiarò sempre innocente, lo riconobbe tra le altre cose colpevole della morte di oltre 300.000 persone, e gli valse una condanna all'ergastolo.
Dopo aver scontato solo 28 anni di pena, nel 1993 venne rilasciato a causa delle sue critiche condizioni di salute. Morirà il 4 luglio del 1998 in una casa per anziani, come un normale ed innocuo 84 enne, e soprattutto da uomo libero.