Un'azienda potrebbe aver trovato il modo di produrre combustibile senza emettere Co2, partendo dalle acque reflue
L'Ingelia è un'azienda spagnola che si occupa di realizzare progetti ecosostenibili, utilizzando le risorse locali. Da dieci anni, sta sviluppando un nuovo processo di carbonizzazione idrotermica della biomassa, in grado di produrre un biocarburo, detto "biochar", dalle acque reflue, cioè quelle inquinate usate nelle industrie o nell'ambito domestico. Questo nuovo prodotto si comporta e brucia come il carbone, con l'unica e fondamentale differenza che non emette co2 nell'atmosfera durante il processo di produzione.
Questa invenzione dell'Ingelia potrebbe diventare una fonte di energia alternativa ai carburanti inquinanti.
Oregon Department of Forestry/flickr
Il clima del nostro pianeta, lo sappiamo, è a forte rischio e occorrono politiche decisive per cercare di risolvere questo annoso problema. La Commissione europea ha garantito che nell'intera Unione Europea si dovranno ridurre all'80% le emissioni di gas entro il 2050, mentre l'ONU afferma che il cambiamento che bisognerà fare dovrà essere fatto sia sul piano globale sia su quello sociale.
L'azienda spagnola potrebbe aver trovato una soluzione al problema climatico, che se venisse applicata a livello mondiale, rivoluzionerebbe non poco la raccolta delle energie combustibili. Il "biochar", infatti, promette molto bene fornendo un'energia molto più pulita di altre fonti usate, senza emettere Co2 nell'atmosfera e riutilizzando risorse inquinate che altrimenti andrebbero perse nell'ambiente. Inoltre, le sue polveri possono essere utilizzate come fertilizzate per la terra e anche per produrre biopolimeri e plastica.
Il "biochar" si ottiene attraverso un processo di conversione termochimica, o carbonizzazione idrotermica, dei rifiuti. Gli elementi chimici nocivi come zolfo, azoto e cloro, restano inglobati negli scarti inquinanti, permettendo così al biocarburo di uscire fuori. Quest'ultimo ha in tutto e per tutto l'aspetto del carbone e di forma cilindrica.
Il prodotto dell'Ingelia vien già usato in tre nazioni, Spagna, Regno Unito e Italia. Nel nostro paese, lo stabilimento toscano tratta in media 800.000 acque reflue all'anno, una cifra sorprendente se si considera le ore di lavoro, minore rispetto a quelli degli impianti di biogas (30 giorni).
La co-fondatrice dell'azienda spagnola Marisa Hernández, che ottenuto una nomination nella categoria Donne per i premi dell'Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT), afferma che entro il 2022 il loro "biochar" potrebbe essere in grado di sostituire circa 220.000 tonnellate di carbone all'anno e di evitare l'emissione di CO2 nell'atmosfera di mezzo milione di tonnellate. Inoltre, fa sapere che l'Ingelia è intenzionata ad acquisire il 3% del mercato europeo della gestione dei rifiuti.
Insomma, il "biochar" sembra promettere bene non solo non influirà sull'inquinamento atmosferico, ma contribuirà a ridurne perché prodotto proprio da ciò che lo nutre. La speranza è che le promesse dell'azienda produttrice vengano mantenute e che le politiche globali affrontino la questione del cambiamento atmosferico con maggiore responsabilità e consapevolezza.