È nata la prima bambina grazie all'utero di una donna deceduta
Alla nascita pesava 2,550 grammi; potrebbe essere il peso di una qualsiasi neonata, invece si tratta della prima bambina nata grazie alla donazione dell'utero da parte di una donna deceduta. Probabilmente ancora non lo sa, ma la sua nascita rappresenta una pietra miliare nella storia della medicina, che apre a nuove possibilità per le donne che non possono portare a termine una gravidanza e partorire.
Prima della nascita della bambina in questione, sono stati compiuti altri trapianti di uteri di donatrici decedute, ma nessuna donna ricevente è mai riuscita a portare a termine la gravidanza.
Questo aveva fatto escludere la possibilità di far nascere dei bambini a seguito di trapianti di uteri di persone decedute, sia per limitare i rischi che per non dare false speranze alle famiglie.
La donna che ha dato alla luce la bambina è affetta da una condizione che provoca organi riproduttori femminili poco sviluppati. Della donatrice, invece, si sa che era una 45enne, che con il suo utero ha dato alla luce tre bambini, morta per un'emorragia cerebrale. Ovviamente, aveva dato il consenso alla donazione degli organi post-mortem.
Se il parto da un utero di una donna deceduta è un evento unico fino ad oggi, non si può dire lo stesso dei parti avvenuti a seguito di trapianti di uteri da donatrici viventi: nella storia della medicina, sono stati eseguiti 39 trapianti, 11 dei quali hanno dato vita a dei bambini.
La notizia dell'avvenuta nascita senza complicazioni potrebbe aumentare di molto la possibilità di accesso ad un'operazione simile. Il numero di donatrici vive disposte a mettere a disposizione il proprio utero, infatti, è molto basso per motivi ragionevoli.
La nascita della bambina sarà sicuramente una speranza per molte famiglie, ma per il momento è solo il caso da studiare per capire a fondo le condizioni che hanno permesso alla gravidanza di essere portata a termine.
Secondo i medici, ad essere stato decisivo per il successo sono state le tempistiche; la donna ha subìto il trapianto di utero nel mese di settembre e sette mesi dopo, data l'assenza di episodi di rigetto e la presenza di mestruazioni regolari, la ricevente si è sottoposta all'impianto degli embrioni, raccolti 5 mesi prima del trapianto. Mai prima d'ora si era proceduto all'impianto in tempi così brevi; in altri casi è passato un anno intero dal trapianto.
Questo ha permesso alla donna di ridurre di molto la quantità di farmaci per il rigetto e di antibiotici, che possono compromettere la capacità di portare avanti una gravidanza. Dire con precisione se sia stata questa tempistica ad aver fatto la differenza è comunque troppo presto.
L'utero ricevuto in donazione è stato rimosso durante la gravidanza; questo permetterà alla donna di non dover prendere farmaci contro il rigetto, anche se questo vorrà dire che la bambina non potrà avere fratelli o sorelle biologici.
In ogni caso, si tratta di un grandissimo passo in avanti per la medicina e per la scienza; lo scontro con l'etica, anche in questo caso, è molto caldo. Si può parlate di diritto di avere un figlio?