Solo il 60% di una mucca finisce in macelleria: ecco come viene impiegato il resto
Una mucca destinata al macello non finisce per intero sui banchi della macelleria. Alcune delle sue parti trovano un impiego che non ha niente a che vedere con l'ambito alimentare: carburanti per aerei, lubrificanti, cosmetici e chirurgia plastica sono solo qualche esempio. Il mercato che ruota attorno alle mucche, e in parte anche agli altri animali da macello, è molto più ampio di quello che si può pensare, al punto che soltanto il 60% di una mucca finisce nella filiera della carne. Il resto? Ecco dove va a finire.
Parti delle mucche, infatti, potrebbero trovarsi anche in prodotti che non hanno niente a che vedere con esse, o almeno così verrebbe da pensare ad un consumatore medio. Ecco nel dettaglio alcuni degli impieghi "alternativi" della carne bovina.
Partiamo dal grasso; viene utilizzato in parte per produrre sego, un grasso ricco di acidi grassi saturi, che lo rendono particolarmente indicato per essere aggiunto a creme, lozioni corpo, altri cosmetici, saponi e dentifrici. Il sego costituisce anche la parte lubrificante dei prodotti antigelo e ultimamente è stato testato come bio-combustibile per gli aerei dell'esercito americano.
Alcune parti della mucca sono destinate al campo farmaceutico; l'insulina prodotta dai bovini, ad esempio, è molto simile a quella umana e per questo motivo il pancreas è usato per produrre farmaci per diabetici. La cartilagine è d'aiuto ai pazienti che soffrono di osteoartriti, mentre i polmoni servono alla produzione di anticoagulanti.
Le mucche hanno a che fare anche con la chirurgia plastica; in particolare, il collagene estratto dalla pelle viene utilizzato come riempitivo delle rughe, per ottenere un aspetto più giovane. Gran parte del collagene, però, va a formare la gelatina utilizzata per la preparazioni di dolciumi come caramelle gommose e marshmellow.
Ci sono alcuni tagli della carne bovina che non trovano molti acquirenti sul mercato, per questo spesso e volentieri vengono indirizzati altrove. Una buona notizia dal punto di vista del "taglio allo spreco", meno buona se si valuta con quanta trasparenza viene indicata l'origine animale dei prodotti che compriamo.