I ricercatori sperimentano l'olio di cannabis contro il tumore ai polmoni, e i risultati aprono vari interrogativi
Da qualche anno il dibattito sulla cannabis e sulla sua utilità nel curare o prevenire alcune malattie non curabili con i farmaci convenzionali sta tenendo impegnati i medici di tutto il mondo. Il cannabidiolo (CBD) si è già distinto come rimedio efficacissimo contro i dolori provocati dalle malattie croniche e una parte sempre più ampia dei dottori sta insistendo perché la cannabis ad uso medico possa divenire finalmente reperibile dappertutto.
SAGE - Open Medical Case Report
La conferma delle capacità curative della cannabis potrebbe derivare dalla storia di un ottantunenne inglese affetto da un adenocarcinoma ai polmoni. L'uomo ha deciso di rifiutare le convenzionali cure mediche – consistenti nelle chemioterapie – e di curarsi solo attraverso l'utilizzo di olio alla cannabis. I risultati della insolita cura sono stati resi noti dai medici che seguono l'anziano. In un case report, ossia un rapporto dettagliato del monitoraggio della malattia, i dottori hanno dichiarato che, con il solo utilizzo di CBD, senza alcun altro farmaco, il cancro ai polmoni è regredito fino a ridursi di circa il 50%.
Vittorio Guardamagna, direttore dell’Unità di Cure Palliative e Terapia del Dolore dell'Istituto Europeo di Oncologia (IEO), ha dichiarato di utilizzare da anni la cannabis come cura palliativa poiché aiuta a ridurre il dolore, il vomito e ad incrementare l'appetito nei pazienti che si sottopongono a chemioterapia. Il case report dell'uomo inglese permetterebbe, così, di aprire una nuova strada nella ricerca delle cure contro il cancro.
Onde evitare un eccessivo entusiasmo nei confronti della cannabis come rimedio contro il cancro, Guardamagna e i medici che hanno in cura l'anziano inglese, hanno sottolineato quanto sia importante, prima di permettere cure a base di cannabis, fare studi seri e confermare l'efficacia reale del cannabidiolo nella lotta al cancro.
Proprio per questo motivo Massimo Nabissi, ricercatore dell’Università di Camerino specializzato nella ricerca di cure alternative ai tumori, ha evidenziato l'assurdità dell'atteggiamento della medicina nei confronti della cannabis: nonostante la mole di studi pre-scientifici – alcuni dei quali fatti dallo stesso Nabissi – che ne confermano l'utilità non solo come palliativo ma anche come possibile cura, il mondo scientifico non si è ancora mosso per dar vita a studi che possano confermare i risultati osservati. Perciò, ha sottolineato il ricercatore italiano, case report come quelli del paziente ottantunenne sono fondamentali per dare ancora un barlume di speranza all'ipotesi che, un giorno, la cannabis possa essere sottoposta a test scientifici che ne attestino l'efficacia.
Noi non possiamo far altro che avere fiducia che presto la medicina accetti la possibilità che il cannabidiolo possa rappresentare un'arma nella lotta al male del secolo e che le prossime generazioni possano trovare un nuovo alleato alla propria longevità.