Il figlio che ti fa infuriare di più è quello che più ti assomiglia: una psicologa ci spiega perché

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di Marco Renzi

01 Agosto 2019

Il figlio che ti fa infuriare di più è quello che più ti assomiglia: una psicologa ci spiega perché

In una famiglia, soprattutto se numerosa, i litigi e le tensioni sono all'ordine del giorno. Da una parte c'è la routine della quotidianità con i suoi piccoli imprevisti, che possono far scaldare facilmente gli animi; dall'altra ci sono le fasi di crescita dei più piccoli, che li portano a mettere in atto meccanismi di opposizione nei confronti dei genitori o dei fratelli.

Dal canto loro, i genitori dovrebbero (almeno in teoria) sforzarsi di comportarsi allo stesso modo con tutti i figli, favorendo la loro unicità ma facendoli sentire uguali rispetto alle regole della casa e alle attenzioni che ricevono. Eppure, come afferma Marta Segrelles del Collegio ufficiale degli psicologi in Catalogna, Spagna, anche i genitori sono umani, e possono mettere in atto i cosiddetti meccanismi di proiezione.

via psicoemocionat.com

Max Pixel

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La proiezione è una forma di difesa della mente umana. Essa si verifica quando attribuiamo a qualcun altro (proiettiamo, appunto) atteggiamenti o pensieri che in noi stessi non possiamo tollerare, poiché ci provocherebbe grande ansia e forte stress.

Trasferire sull'altro ci permette di spostare l'attenzione e prendere le distanze: tutti processi che di certo non ci aiutano a superare quel limite, ma semplicemente lo nascondono sotto il tappeto, buttandolo addosso ad un individuo esterno a noi.

Rolands Lakis/Flickr

Rolands Lakis/Flickr

Ebbene, secondo la psicologa, questo atteggiamento è alla base di molte tensioni tra genitori e figli. Questi ultimi comprensibilmente tendono ad imitare le figure adulte che hanno intorno; fin da quando sono piccoli osservano i genitori nelle varie situazioni di vita e lentamente tendono a fare propri molti loro atteggiamenti - sia positivi che negativi.

Da qui il meccanismo di proiezione: il padre o la madre tendono ad infuriarsi molto di più con il figlio in cui riconoscono dei tratti che già odiano in loro stessi. Anche i genitori infatti, essendo esseri umani, hanno un passato e delle questioni irrisolte: si può trattare di rimpianti, di rimorsi, di scelte sbagliate e di atteggiamenti di cui ci si vergogna ma che non si è mai riusciti a cambiare. E quando percepiscono la presenza di queste caratteristiche in un figlio, non possono tollerarle e reagiscono con estrema rabbia, proiettando sul figlio la disapprovazione che vorrebbero invece dirigere contro se stessi.

Joy Coffman/Wikimedia

Joy Coffman/Wikimedia

Sempre secondo la psicologa, se il problema (che in forme lievi è del tutto normale) arriva a creare contrasti e malesseri eccessivi, i genitori dovrebbero porvi rimedio. Per farlo, devono scindere tra la voglia (sana) di indirizzare i loro figli verso ciò che è giusto e la necessità (malsana) di pareggiare i conti con i propri scheletri personali stigmatizzando la personalità dei figli.

Questo procedimento di chiusura con il passato - e di confronto (senza intermediari che facciano da specchio) con i propri limiti - può essere attuato già solo con una riflessione consapevole e schietta su se stessi. Se poi si tratta di questioni più complesse, ci si può sempre rivolgere ad un aiuto esterno, anche solo per una chiacchierata liberatrice.