Stop alla deforestazione da olio di palma: ecco la svolta epocale del Perù
Ormai lo sappiamo bene: l'olio di palma non è amico della nostra salute. I cibi che lo contengono sono molti, anche se fortunatamente, negli ultimi anni, una crescente sensibilizzazione sul suo utilizzo sta portando le industrie alimentari a farne meno uso.
Oltre ai rischi per salute (derivanti dall'alto contenuto di grassi saturi), la produzione di quest'olio vegetale comporta anche serie conseguenze ambientali. Per far posto alle piantagioni di palma, infatti, vengono bruciate o distrutte foreste e habitat naturali, con pesanti ripercussioni sulla biodiversità, sulla fauna e sulla qualità dell'aria che respiriamo.
Il segnale che arriva dal Perù, tuttavia, apre uno spiraglio di speranza, in un contesto in cui l'uomo sembra essere sempre più artefice della sua stessa distruzione. Vediamo di che si tratta.
via NWF.org
Il Paese sudamericano, uno dei maggiori produttori di olio di palma al mondo, ha deciso di mettere fine alla distruzione delle sue foreste guidata dalla produzione di olio di palma. La National Wildlife Federation (NWF) l'ha definita una "vittoria epocale" per la fauna selvatica e l'agricoltura sostenibile. Gli oranghi, a proposito di fauna, sono fra le specie più colpite dall'abbattimento degli alberi a scopi economici.
L'impegno che si è prefissato lo Stato peruviano sarà messo in pratica entro il 2021, e arriva dopo che un altro Paese dell'America meridionale, la Colombia, si era già impegnato a porre fine a questa pratica distruttiva.
Proprio la NWF, lavorando per due anni a stretto contatto con la Sociedad Peruana de Ecodesarrollo e con l'associazione dei produttori Junapalma, è riuscita a far divenire realtà una necessità ambientale sempre più sentita, dimostrando al mondo che è possibile nutrirsi anche senza danneggiare foreste ed ecosistemi.
La vastità di utilizzo dell'olio di palma è infatti ancora molto grande. Pane, cereali, snack, cioccolato, cosmetici, prodotti per la pulizia e molto altro lo contengono. Spesso lo indicano fra i loro ingredienti con altri nomi, che a un primo sguardo non ne fanno comprendere la presenza al consumatore.
Solo nel 2018, per produrre questo "nettare", il Perù ha perso 140mila ettari di foresta. Una cifra enorme, per un fenomeno che contribuisce, con la sua gravità, a rendere l'aria che respiriamo meno "filtrata" e sempre più inquinata, dato che gli alberi svolgono proprio la preziosa funzione di assorbimento dell'anidride carbonica.
Quello preso dal Perù sembra essere un provvedimento davvero encomiabile e prezioso, nell'ottica di preservare gli equilibri e il clima di un Pianeta già fragile e messo a rischio, nonché la salute dei consumatori. I profitti, infatti, non possono sempre essere messi davanti alla natura.