Coronavirus, la Cina raccomanda un rimedio a base di bile di orso, estratta nelle orribili "fattorie della bile"
Non è un mistero che la medicina tradizionale cinese utilizzi parti e sostanze di animali per la realizzazione di medicinali e prodotti cosmetici, ma è anche vero che la maggioranza dei composti è in gran parte a base vegetale e, soprattutto, non comprende l'utilizzo di animali selvatici. Tra l'altro, con lo scoppio del COVID-19, la Cina ha vietato il consumo e l'allevamento di animali selvatici a partire dal febbraio 2020; ciò nonostante, lo stesso governo cinese sembra aver promosso l'utilizzo di bile d'orso per contrastare i casi più gravi di Coronavirus. Vista la decisione di abbandonare il commercio di animali selvatici vivi nei mercati, quella di promuovere prodotti a base di bile di orso, e quindi il commercio di "parti" di animali, sembra una scelta paradossale.
È noto che la bile contenga alti livelli di acido ursodesossicolico, molto efficace per lo scioglimento dei calcoli biliari e per trattare le malattie del fegato; non è invece stata riscontrata alcuna efficacia nel trattamento del Covid-19. Il professor Cliffor Steer, dell'Università del Minnesota, ha studiato i benefici dell'acido ursodesossicolico e ha osservato che esso non costituisce assolutamente la risposta al virus, sebbene abbia proprietà anti-infiammatorie e sia in grado di regolare la risposta immunitaria, alleviando, di conseguenza, i sintomi del Covid-19. Ergo, non è scientificamente provato che la bile di orso sia efficace contro il Coronavirus.
In Cina esistono le cosiddette "fattorie della bile", luoghi terribili in cui migliaia di orsi (specialmente quelli con il collo bianco) vengono tenuti rinchiusi per decenni, se non per tutta la vita, con cateteri attraverso cui viene regolarmente estratto il "miracoloso" liquido. Tutti i metodi di estrazione utilizzati sono invasivi ed estremamente dolorosi per le povere bestie, che rischiano spesso di ammalarsi e di contrarre infezioni. Questo è un motivo in più per non utilizzare prodotti a base di bile d'orso o di altre parti di animali selvatici allevati in queste fattorie, sia che essi risultino sotto forma di medicina sia sotto forma di prodotti alimentari, poiché potrebbero essere contaminati con sangue, urina e batteri. Solitamente in queste fabbriche dell'orrore le condizioni igieniche scarseggiano e gli animali sono tenuti ammassati; spesso gli uomini che ci lavorano vengono a contatto con carcasse e, come afferma Aaron White, attivista della Environmental Investigation Agency (EIA), un'organizzazione no-profit che denuncia i crimini contro la fauna selvatica, "il rischio riguarda il modo in cui gli animali vengono allevati, macellati, conservati, lavorati e consumati".