A Firenze riaprono le storiche "buchette del vino" per distribuire cibo e bevande come ai tempi della peste
In tempi difficili, l'umanità ha sempre cercato soluzioni per risolvere i problemi più disparati, a volte ingegnandosi con le trovate più originali, che poi si sono mantenute nei secoli. In Italia, questo concetto è particolarmente valido, e dimostrato da tante piccole-grandi tradizioni che risalgono proprio a momenti storici non certo rosei per chi li ha vissuti.
Quella di cui stiamo per parlarvi, e che ha fatto di nuovo la sua comparsa tra i vicoli del centro storico di Firenze, ne è un esempio perfetto. Di che si tratta? Delle cosiddette "finestre del vino", o "buchette del vino", vere e proprie aperture nei palazzi signorili costruite in epoca medievale per distribuire alla popolazione la preziosa bevanda che le famiglie nobili avevano in eccesso, e poi largamente utilizzate durante le pestilenze, per garantire le distanze e ridurre al minimo i contatti tra le persone. Oggi, in tempi di pandemia da Covid-19, questa tradizione sembra vivere una seconda giovinezza.
via Repubblica
Wine Windows - Buchette del vino
Grazie alla creatività di molti proprietari di bar e ristoranti, le famose "finestrelle" (chiamate anche "tabernacoli") hanno ritrovato una ragione d'essere. Nei secoli, infatti, queste piccole strutture sono passate quasi inosservate ai più, ma molti fiorentini sanno benissimo a cosa servivano. Così, in un momento in cui è necessario rispettare distanziamenti e norme di sicurezza per evitare la diffusione del contagio, sono state riaperte grazie anche all'ottimo lavoro svolto dalla "Wine Window Association - Buchette del vino".
«La gente bussava alle persiane e riempiva le bottiglie direttamente da lì» ha raccontato il Presidente Matteo Faglia, e ora alcune di queste finestrelle hanno ritrovato il loro scopo, riproposto in chiave contemporanea. Oggi, infatti, le buchette, oltre al vino, servono anche aperitivi, cocktail, cibo, gelati e caffè, il tutto nella più totale sicurezza e nel rispetto delle disposizioni anti-Covid.
Un'usanza che, in un momento di pandemia, ricorda proprio quella messa in pratica in tempi di pestilenza, quando i venditori di vino già avevano capito l'importanza del distanziamento e svolgevano le operazioni di vendita disinfettando i prodotti e il denaro che ricevevano.
In una situazione difficile, dunque, riscoprire tradizioni del passato è sempre una cosa positiva, specie se questi pezzi di storia collettiva sono valorizzati e attualizzati per le esigenze odierne. Non resta che augurarsi che vengano ancora utilizzate, magari soltanto come strutture "pittoresche" e senza la necessità dettata dal Coronavirus.