I fiori cambiano "colore" in risposta alle alte temperature: un altro effetto del cambiamento climatico
È ormai sotto gli occhi di tutti come il cambiamento climatico stia provocando enormi danni all'ambiente circostante, sia che si tratti di animali che di piante. Un team di ricercatori della Clemson University ha constatato come addirittura la pigmentazione dei fiori stia cambiando radicalmente, a causa del riscaldamento globale e del buco dell'ozono. In uno studio condotto su un campione di fiori raccolti tra il 1941 e il 2017, è stato notato come la disposizione dei pigmenti deputati all'assorbimento di raggi UV sia gradualmente mutata: nell'arco di 80 anni, il pigmento è aumentato in media del 2% ogni anno. Considerando che le piante sfruttano questo pigmento per proteggere il polline, non deve stupire il fatto che la sua crescita sia legata all'aumento delle temperature.
via Cell
Da questa ricerca, sembra che anche i fiori si stiano "adattando" all'aumento delle temperature e alla progressiva estensione del buco dell'ozono. I pigmenti contenuti nei petali dei fiori, invisibili all'occhio umano, che sono deputati all'assorbimento dei raggi ultravioletti, servono come una sorta di protezione solare per le piante, le quali cercano di proteggere il polline del fiore; più la presenza del pigmento che assorbe i raggi UV aumenta, meno radiazioni nocive raggiungeranno le cellule sensibili.
Matthew Koski, un ecologo della Clemson University, ha scoperto assieme ai suoi colleghi che i fiori esposti maggiormente ai raggi UV, di solito sono quelli che crescono ad altitudini più elevate o più vicini all'equatore e che risultano avere più pigmenti UV nei loro petali. Il team di ricercatori si è quindi chiesto se due importanti fattori influenzati dall'attività umana, ovvero l'estensione del buco dell'ozono e le importanti variazioni di temperatura, abbiano influenzato anche il comportamento di questi pigmenti UV. Per dare una risposta a questa domanda, i ricercatori hanno esaminato 1238 fiori, appartenenti a 42 specie diverse, raccolti tra il 1941 e il 2017.
In media, ogni fiore aumentava il pigmento del 2% ogni anno. Questo cambiamento variava anche a seconda della struttura del fiore: nei fiori con il polline naturalmente più esposto, il pigmento che assorbe i raggi UV aumentava con il decrescere dei livelli dell'ozono (e diminuiva quando i livelli dell'ozono aumentavano), mentre nei fiori con il polline "nascosto" tra i petali, il pigmento in questione diminuiva con l'aumentare delle temperature. Un risultato che ha perfettamente senso se si considera che il polline nascosto all'interno dei petali è naturalmente protetto dall'esposizione ai raggi UV; ma questa schermatura aggiuntiva dei pigmenti può anche agire come "una serra", intrappolando una grande quantità di calore. Così, quando questi fiori sono esposti a temperature più elevate, il loro polline rischia di essere cotto. Sebbene questi cambiamenti di pigmenti siano invisibili all'occhio umano, sono piuttosto consistenti agli occhi degli impollinatori: api e colibrì, infatti, tendono ad essere attratti maggiormente da una specifica disposizione della pigmentazione UV nei fiori, ossia quella con le punte dei petali in grado di riflettere i raggi UV e le parti centrali che li assorbono. Un tipo di disposizione che potrebbe presto scomparire, facendo perdere interesse a molti impollinatori che, con il loro mancato lavoro, potrebbero condannare diverse specie di piante all'estinzione.