Nel 1951 la Danimarca separò 22 bimbi Inuit dalle famiglie per un esperimento: dopo 70 anni il governo si scusa
Era l'estate del 1951 quando 22 bambini di etnia Inuit furono portati via da Nuuk, capitale della Groenlandia, separati senza troppe remore dalle loro famiglie per essere portati in Danimarca, nonostante l'età giovanissima. Avevano tutti fra i 6 e 10 anni, e non è difficile capire che abbiano vissuto un enorme trauma.
Il motivo di un'azione così crudele? Nessun rapimento, nessuna operazione illegale. I bambini artici dovevano essere rieducati nel Paese nordeuropeo, il cui territorio da secoli comprende anche la Groenlandia. Un vero e proprio esperimento sociale, volto a "civilizzare" i piccoli, cresciuti secondo i modelli danesi e poi destinati poi a tornare tra i ghiacci groenlandesi per promuovere sviluppo sociale e modernizzazione. Un'iniziativa che definire dannosa sarebbe riduttivo e sulla quale, dopo 70 anni, il governo danese ha deciso di scusarsi ufficialmente.
via BBC
L'esperimento sociale si rivelò presto un vero fallimento, anche se la separazione voluta dal governo causò fin da subito danni psicologici e sociali nei piccoli. Tra loro c'era anche Helene Thiesen, che all'epoca aveva solo 7 anni. Sua madre era rimasta sola con tre figli da crescere dopo la morte del marito, e finì per accettare l'offerta dei funzionari governativi.
"Non capivo perché mi lasciasse andare - ha raccontato Helene - nessuno di noi capiva perché ci stessero portando via da casa e cosa ci riservasse il futuro. Era tutto così incerto". Con quei giorni drammatici ben impressi nella mente, è stata proprio la Thiesen a farsi portatrice, negli anni, di ripetute richieste di scuse e riconoscimenti ufficiali per le sofferenze inflitte dal governo di Copenaghen.
E la cosa più triste è che Helene ha scoperto il motivo della separazione dalla sua famiglia soltanto nel 1996, dopo svariate ricerche negli archivi. I documenti ufficiali relativi all'esperimento sociale sui piccoli Inuit, infatti, furono distrutti negli anni e qualsiasi riferimento a quanto accaduto nel 1951 era difficilissimo da trovare.
Dopo tanti anni di battaglie che ricevevano puntualmente risposte evasive da parte dei rappresentanti governativi danesi, finalmente, a dicembre 2020, la prima ministra Mette Frederiksen ha deciso che era arrivato il momento di dare una risposta ufficiale su quanto accaduto. "Non possiamo cambiare ciò che è accaduto, ma ce ne assumiamo la responsabilità e ci scusiamo con chi avremmo dovuto proteggere".
KNR News Nutaarsiassat/Youtube
Parole importanti, per quanto tardive, che danno un segnale forte nel riconoscimento di un'azione spietata e sconsiderata, che il governo non avrebbe mai dovuto perseguire. Tanto più che i bambini Inuit scelti per l'esperimento non ebbero affatto la vita migliore che era stata promessa alle loro famiglie. Trascorsero anni e anni in strutture e case che non erano le loro, senza di fatto poter riallacciare rapporti stabili con i loro parenti biologici e spesso furono trattati come persone diverse, portatrici di malattie, quasi fossero curiosi fenomeni da analizzare.
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Dei 22 piccoli Inuit portati in Danimarca nel 1951, oggi solo 6 sono in vita. È proprio a loro che la premier danese ha deciso di inviare una lettera di scuse dove si leggono le parole citate sopra. Un piccolo gesto dalla grande importanza, che per Helene "significa tutto", anche se non può cancellare una vita fatta di rinunce, rancori, tristezze e paure. Esperienze che nessun bambino dovrebbe mai vivere.