Le persone religiose hanno più morale dei non credenti? Uno studio smentisce il pregiudizio
Collegare religiosità e morale è molto più scontato di quanto si pensi. La storia spesso ci ha insegnato che credere nell'esistenza di una divinità superiore possa contribuire a far sentire gli uomini, in qualche modo, più ligi a rigide regole etiche, e magari meno inclini a trasgredirle con comportamenti inappropriati.
Eppure siamo sicuri che sia sempre così? Chi non crede sarebbe davvero una persona più immorale? Come spesso accade quando si creano degli stereotipi duri a essere superati, la risposta è tutt'altro che scontata. Su queste interessanti questioni, però, può venirci in aiuto uno studio pubblicato su Plos One. Cosa hanno scoperto gli esperti? Semplice: che non credere in un dio non significa affatto essere persone senza morale. Al contrario: non esiste alcuna connessione tra la religiosità e i buoni comportamenti.
via Plos One
Ateo come sinonimo di immorale è forse uno dei maggiori stereotipi della storia. Pensateci un attimo: questa visione, che di sicuro non tiene conto dei singoli casi e delle varie sfaccettature, è piuttosto trasversale, di cultura in cultura, oltre che radicata. Eppure, si tratta proprio di una credenza errata. A dimostrarlo è arrivata la ricerca condotta da Tomas Stahl, dell'Università dell'Illinois a Chicago.
Lo studioso ha deciso di indagare sulla relazione tra religiosità e morale. Attraverso quattro analisi eseguite su oltre 4.600 persone sia atee che teiste negli Stati Uniti e in Svezia, ha esaminato in modo approfondito eventuali connessioni tra credenze religiose e valori etici. "Le persone che non credono in Dio hanno una precisa bussola morale - ha spiegato - condividono molte delle preoccupazioni di chi è credente".
Parole che, già di per sé, sono sufficienti a dare una risposta alle domande iniziali del sondaggio. Eppure, i pregiudizi nei confronti di chi dichiara di non credere sono ancora diffusi e ben saldi, come ha evidenziato questo studio, unito ai risultati di altri sondaggi.
Attraverso vari fondamenti etici (cura, danno, correttezza, imbroglio, lealtà, tradimento, autorità, sovversione, sacralità, degradazione), i partecipanti hanno potuto esprimere i loro giudizi, approvando oppure no diverse situazioni. La religiosità, dunque, non era affatto collegata ad atteggiamenti più corretti, e lo stesso è valso per l'ateismo con gli atteggiamenti più amorali.
"È probabile che lo stereotipo negativo degli atei come persone immorali - ha proseguito Stahl - possa derivare dal fatto che sono meno inclini dei religiosi ad avere rispetto per le autorità, ma ogni situazione deve essere valutata caso per caso". Nel complesso, come detto, i risultati dello studio hanno restituito a chi non crede una precisa e forte moralità, valida almeno quanto quella dei credenti. "Essere atei - ha concluso il ricercatore - significa semplicemente non credere in alcuna religione, e non vuol dire che queste persone non abbiano convinzioni, regole e leggi positive".
Insomma: una prospettiva davvero interessante, che toglie un po' di credibilità a tanti pregiudizi, e che invita a valutare una persona in base a ciò che fa, non in base a ciò in cui crede o non crede. Che ne pensate? Siete d'accordo con questa ricerca?