Demolì oltre 40 piramidi per cercare tesori: l'incredibile storia di Giuseppe Ferlini
Quando ci troviamo davanti a meraviglie storiche come le piramidi, una delle prime cose che ci balza alla mente è il fascino che queste costruzioni portano con sé. Uno splendore che merita di essere riscoperto, compreso e valorizzato: e in fondo è proprio di questo che si occupa l'archeologia. Cosa pensereste, però, se vi dicessimo che in passato il ruolo dell'archeologo era molto meno attento e preciso di come è oggi, tanto da arrivare ad arrecare danni a testimonianze preziose senza troppi complimenti?
Non stiamo esagerando: e per dimostrarvelo vogliamo raccontarvi la storia dell'italiano Giuseppe Ferlini, un uomo che, con l'intento di riesumare reperti antichi e tesori, ha praticamente demolito oltre 40 piramidi millenarie.
via Amusing Planet
Bolognese di nascita, Ferlini visse un'esistenza avventurosa, che lo portò a viaggiare attraverso i Balcani, la Grecia e l'Egitto, dove si mise al servizio dell'esercito nazionale per la conquista del Sudan, fregiandosi anche della mansione di chirurgo. Siamo nella prima metà del 1800, e l'interesse per l'antichità ha già stuzzicato la curiosità di molti personaggi, affascinati dai tesori archeologici e dalla riscoperta delle antiche civiltà.
La permanenza di Ferlini in Egitto ebbe anche questo scopo. Letteralmente stregato dalla ricerca dell'oro e dei tesori preziosi di quelle terre orientali, l'italiano decise di dedicarsi anima e corpo alla scoperta di queste vestigia. Per portare avanti la sua missione e questo compito ritenuto fondamentale, scelse il sito di Meroe, un'antica e affascinante città posta sulla riva orientale del Nilo, nell'odierno Sudan, capitale del Regno nubiano di Kush.
Proprio in questo luogo, gli antichi faraoni si ispirarono agli egizi per mettere in piedi le loro piramidi. Anche se meno antiche, più piccole e meno conosciute di quelle egiziane, queste opere monumentali sono ugualmente preziose e inestimabili. Ferlini, venuto a conoscenza del sito e dei possibili tesori che poteva contenere, decise di iniziare a scavare, in "società" col mercante albanese Antonio Stefani.
Con mogli, servitù e facchini al seguito, i due si trasferirono nel sito archeologico nel 1834 e si diedero da fare per scovare i tesori. Visti gli scarsi risultati iniziali, Ferlini decise di rincarare la dose e concentrarsi sulle piramidi. Così, dopo aver assunto circa 500 indigeni locali, ordinò che venissero demolite a colpi di piccone.
I danni alle meravigliose strutture si susseguivano senza sosta. Dall'alto in basso, oltre 40 piramidi vennero scoperchiate e distrutte. Le scoperte, però, continuavano a non essere mirabolanti come Ferlini si aspettava. I maggiori tesori vennero trovati nella piramide più grande, conosciuta come N6. Questa era la tomba della regina Amanishakheto, che regnò dal 10 a.C. all'1 d.C. Oltre al suo sarcofago, i cacciatori di tesori trovarono amuleti, vari gioielli e oggetti del corredo funebre.
Timorosi che gli indigeni tendessero un agguato per sottrarre gli oggetti preziosi, Ferlini e Stefani presero tutto quello che potevano prendere, caricarono i cammelli e fuggirono di notte, risalendo poi il Nilo fino al Cairo. A quel punto non restava che trarre profitto da quanto avevano trovato a Meroe. Tra vendite, donazioni e aste, il tesoro di Ferlini - o per meglio dire delle piramidi distrutte - andò a finire in varie parti d'Europa.
Sebbene all'epoca furono molti i personaggi che, come Ferlini, svolsero i loro "scavi" senza alcuna attenzione scientifica e passarono ugualmente alla storia, il bolognese oggi è ricordato prettamente per la distruzione delle piramidi.
Di certo oggi fa impressione leggere la storia delle sue avventure, azioni considerate perfettamente normali in un'epoca che non c'è più, e che oggi - ne siamo sicuri - farebbero impallidire qualunque storico o archeologo.