Niente internet, computer o tablet: in Mali la "didattica a distanza" si fa via radio
Quello della didattica a distanza è un argomento super-dibattuto da quando nel mondo è scoppiata la pandemia di Coronavirus. La crisi sanitaria e la necessità di proteggersi da eventuali contagi hanno costretto migliaia e migliaia di studenti a frequentare le lezioni da casa. Grazie a internet e ai dispositivi elettronici, possono avere almeno un contatto - seppur virtuale - con insegnanti e compagni.
Una realtà di certo non facile ma che, per certi versi, può essere addirittura considerata "privilegiata". Ce ne rendiamo conto scoprendo da vicino progetti come quello di cui stiamo per parlarvi, avviato in Africa dall'Unicef. Non è così scontato che tutti i ragazzi costretti a studiare da casa possano vivere la didattica a distanza nello stesso modo. Ecco perché l'organizzazione umanitaria ha deciso di intervenire, facendo luce su realtà disagiate che meritano attenzione.
via Unicef
Connessione a internet, tablet, notebook, schermi ad alta definizione: sono tutte cose che quotidianamente sono intorno a noi e ai ragazzi che studiano da casa. Se ci sembrano più che scontate, per tantissimi giovani sono una specie di miraggio. Così, se già prima della pandemia per molti studenti africani partecipare alle lezioni era difficilissimo, quando si è trattato di adattarsi alle misure di sicurezza sanitarie, è diventato difficilissimo quasi impossibile.
Povertà, conflitti, mancanza di infrastrutture, del resto, sono realtà vive e presenti in molti Paesi dell'Africa. In Mali, ad esempio, flagellato da anni di crisi umanitaria e politica, i servizi di base rimangono preclusi a migliaia di persone. E in tempi di pandemia le cose non sono migliorate, anzi. Le scuole hanno chiuso e, per consentire ai giovani alunni di istruirsi adeguatamente, l'Unicef ha deciso che avrebbe fornito loro gli strumenti giusti.
I dispositivi elettronici che usiamo noi, però, in Mali non potrebbero quasi mai funzionare. Qui, allora, la didattica a distanza si fa tramite delle radio alimentate a energia solare, distribuite proprio dai funzionari Unicef. Si tratta di un modo pratico ed efficiente per arginare - almeno in parte - l'isolamento che tantissimi giovani rischiano di subire in questa situazione. L'apprendimento, per loro, è basilare, perché è forse l'unico modo per salvarsi dai tragici destini a cui spesso sono condannati.
Gli insegnanti trasmettono i programmi via radio, dettando prima le domande e poi le risposte giuste. Anche se non c'è nessun contatto né fisico né visivo, si confida nella buona volontà di tanti bambini e ragazzi nel continuare a imparare per sperare in un futuro migliore. Un modo "alternativo" di fare didattica a distanza, molto lontano da quello che noi conosciamo ma utilissimo per riflettere su contesti meno fortunati, in cui ciò che a noi sembra scontato è praticamente un lusso e un privilegio per pochi.