Uomo fa causa a una app di incontri: "non ci sono abbastanza donne single e interessanti"
Quando Ian Cross, 29enne statunitense del Colorado, si è iscritto al Denver Dating Company, un sito web con relativa app per gli incontri tra single, di sicuro nutriva grandi speranze. Tuttavia si sa: a volte le aspettative non corrispondono a quello che poi troviamo nella realtà, e così è stato per questo ragazzo americano.
Dopo aver speso oltre 9.400 dollari per l'iscrizione e gli incontri, e dopo essere stato rassicurato sul fatto che, grazie a questo servizio, avrebbe trovato decine e decine di donne single della sua città disposte a organizzare un appuntamento, non ha potuto fare altro che constatare che le cose non stavano affatto così. Deluso e risentito per la situazione, ha deciso di passare alle maniere forti, trascinando la app di incontri in tribunale e denunciandola per diverse pratiche scorrette.
via Inside Edition
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Se vi state chiedendo cosa abbia spinto l'uomo a fare causa al sito Denver Dating Company, è presto detto: nonostante quello che gli era stato promesso e i soldi spesi, si è presto reso conto che, nella sua zona, c'erano soltanto cinque utenti femminili attive di età compresa tra i 18 e i 35 anni, ossia il tipo di donne per le quali si era abbonato.
"Mi era stato detto che quel sito, sul suo database, conteneva un numero enorme di donne single nella fascia di età di mio interesse - ha riferito Cross alla stampa locale - ma poi ne ho trovate solo cinque". Ma non è finita qui.
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Le accuse mosse dall'uomo al servizio d'incontri, infatti, sono state piuttosto pesanti. Pubblicità ingannevole, violazione del contratto e frode: per questo ha denunciato la Denver Dating Company, raccontando come la società si vantasse di avere tutte le carte in regola per garantire serietà, efficienza e risultati ai suoi iscritti. Inoltre, nonostante gli avessero promesso un servizio fotografico per le immagini del suo profilo, ciò non è mai accaduto.
I 9.400 dollari spesi da Cross per il "pacchetto completo", tuttavia, sono stati intascati dall'azienda, senza che di fatto avesse fornito quanto richiesto. In un secondo momento, è stato anche chiaro che le numerose recensioni positive della ditta erano finte e pre-confezionate.
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A nulla sono servite le ripetute segnalazioni che Ian ha indirizzato all'azienda, che non ha voluto ascoltare nemmeno le sue richieste di rimborso. Dopo diverse discussioni, non è arrivata più alcuna risposta da parte della ditta. È stato a quel punto che Cross, su tutte le furie, ha intentato la causa. Di certo, non capita tutti i giorni di leggere di curiose battaglie legali come questa anche se, in un mondo sempre più tecnologizzato e dipendente da questi strumenti per conoscersi, non suona poi così strano e, allo stesso tempo, fa riflettere. Che ne pensate? Ha fatto bene?