Scoperte le conseguenze sul cervello degli astronauti dopo lunghi voli nello spazio: la ricerca
Viaggiare nello spazio e scoprire i segreti dell’universo è un privilegio che tutti vorremmo avere, ma che appartiene soltanto agli astronauti: poter lasciare il pianeta è una missione che richiede un’importante preparazione, oltre a una serie di determinati requisiti fondamentali. Il mestiere dell’astronauta è tra le più gettonate ambizioni infantili dei bambini e quando si immaginano le loro gesta oltre i confini del mondo ci si domanda soltanto cosa provino e cosa vedano.
Quello che forse però in pochi si chiedono è quali siano gli effetti sul cervello di questi uomini dopo un lungo volo spaziale.
A rispondere è una ricerca condotta in Belgio con dati piuttosto interessanti.
via Cosmos Magazine
Per la prima volta, infatti, è stato analizzato l’impatto che una lunga permanenza al di fuori della Terra avrebbe sugli astronauti a livello cerebrale.
Lo studio si è svolto presso l’Università di Anversa, sotto la guida del ricercatore Floris Wuyts, prendendo in esame dodici astronauti uomini che avevano trascorso nello spazio una media di circa sei mesi.
Analizzando il cervello dei partecipanti sia prima che dopo il volo con delle scansioni MRI a diffusione, i ricercatori hanno rilevato dei cambiamenti della materia bianca, l’area del cervello responsabile della comunicazione e dello scambio di informazioni tra le diverse regioni della materia grigia.
A distanza di sette mesi dal rientro, gli studiosi hanno effettuato un’ulteriore verifica con la trattografia in fibra, una tecnica di imaging cerebrale che ha permesso di ottenere delle scansioni di follow-up, confermando che le modifiche della materia bianca erano ancora presenti.
“Abbiamo riscontrato dei cambiamenti nelle connessioni neurali tra diverse aree motorie del cervello" ha dichiarato Andrei Doroshin, primo autore dello studio. “Le aree motorie sono centri cerebrali in cui vengono avviati i comandi per i movimenti. In assenza di gravità, un astronauta ha bisogno di adattare drasticamente le sue strategie di movimento, rispetto alla Terra. Il nostro studio mostra che il loro cervello è ricablato, per così dire.”
Questi test, afferma Wuyts, sono dei tasselli di un puzzle non ancora completato: la ricerca deve continuare analizzando i cambiamenti cerebrali sotto ulteriori punti di vista e ricorrendo a procedimenti diversificati.
Questo permetterà di integrare comportamenti per preservare la salute degli astronauti a quelli già esistenti, come il praticare l’attività fisica due ore al giorno una volta a bordo per contrastare il deperimento dei muscoli dovuto all’assenza di gravità.
Non solo il corpo, quindi, ma anche il cervello ha bisogno di riadattarsi a un ambiente diverso da quello terrestre, a cui è abituato e per il quale è stato creato e programmato.
In vista di una possibile missione su Marte della durata di nove mesi, ulteriori studi in tal senso potrebbero rivelarsi fondamentali.