Perché è così difficile dire di no ad alcuni cibi? La risposta secondo una ricerca

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di Gianmarco Bonomo

30 Ottobre 2023

Perché è così difficile dire di no ad alcuni cibi? La risposta secondo una ricerca

Ci sono dei cibi che ci fanno venire voglia di averne ancora. Magari abbiamo già mangiato, e siamo anche soddisfatti, eppure vogliamo un’altra porzione, un’altra vaschetta, un altro piatto. Questo accade più di frequente con i cibi gustosi e ipercalorici, come per esempio i menu dei fast food, e può dipendere da ragioni biologiche, psicologiche e ambientali. Eppure, un recente studio ha dimostrato come possono esserci anche ragioni chimiche dietro alla voglia continua di cibo. Vediamo in che senso.

Perché abbiamo sempre voglia di cibo?

Perché abbiamo sempre voglia di cibo?

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La voglia continua di mangiare qualcosa può sembrare irrazionale a prima vista, ma è il risultato di una complessa interazione tra fattori biologici, psicologici e ambientali. Se la necessità di cibo è infatti regolata da segnali fisiologici, il desiderio di cibo va ben oltre.

Il piacere del mangiare un piatto calorico e gustoso attiva un meccanismo noto come sistema di ricompensa alimentare, tanto da sovrastare anche la sensazione di sazietà. Ed è qui che il desiderio, la voglia di cibo supera le necessità alimentari, un’evenienza molto più frequente con i cibi ipercalorici, ad alto contenuto di grassi e zuccheri. Si tratta di un contesto alimentare ricco di porzioni abbondanti e ricompense biologiche del cervello che, tuttavia, può aumentare il rischio di obesità. Con tutte le conseguenze per la salute fisica e psicologica del caso.

Alcuni cibi ci “obbligano” a mangiarne di più: la scoperta dei ricercatori

Alcuni cibi ci “obbligano” a mangiarne di più: la scoperta dei ricercatori

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Le ragioni per cui siamo portati a consumare tanti cibi ipercalorici e gustosi potrebbe essere anche una questione di chimica. Secondo un recente studio, a svolgere un ruolo fondamentale in questo processo sono gli AGE o Advanced glycation End-products, prodotti finali della glicazione avanzata. Si tratta di sostanze chimiche presenti nei cibi cotti che potrebbero spiegare perché i cibi gustosi, ma non salutari, ci rendono più affamati.

Per arrivare a questo risultato, i ricercatori presso il Buck Institute della California hanno svolto degli studi su piccoli vermi nematodi. La ricerca ha così evidenziato l’impatto degli AGE sulla fame e sulla capacità di prendere decisioni alimentari sane. Secondo il dott. Shanmugam, uno degli autori dello studio:


Gli esseri umani hanno sviluppato alcuni meccanismi che ci incoraggiano a mangiare quanto più cibo possibile durante i periodi di abbondanza. Immagazziniamo le calorie in eccesso come grasso che utilizziamo per sopravvivere ai periodi di digiuno. La selezione naturale ha favorito i geni che ci fanno consumare preferibilmente cibi saporiti, specialmente quelli con un contenuto di zucchero più elevato.

Ma perché è così difficile dire di no?

Ma perché è così difficile dire di no?

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La risposta, secondo i ricercatori, sta proprio nel ruolo degli AGE. Infatti, queste sostanze attivano un percorso di segnalazione che aumenta il desiderio di cibo. Il processo coinvolge la tiramina, un composto presente sia nel corpo umano sia in alcuni alimenti, che agisce sulle cellule nervose e stimola la produzione dell’ormone della fame. In pratica, la tiramina viene attivata dagli AGE presenti nei cibi gustosi e si lega sui neuroni dell’ipotalamo, la regione del cervello che controlla appetito e sazietà.

Quando avviene questo legame, la tiramina provoca un aumento di questi neuroni e quindi una maggiore secrezione di grelina, l’ormone della fame. Inoltre, gli AGE possono anche aumentare la produzione di dopamina, il neurotrasmettitore associato al piacere e al sistema di ricompensa alimentare. Sono questi i meccanismi che spiegano, secondo lo studio, perché è così difficile resistere agli alimenti ricchi di AGE. O, per dirla in altre parole, perché divoriamo un Big Mac o un Whopper, e dopo ne vogliamo subito un altro. Certo, lo studio analizza le reazioni dei nematodi, ma di sicuro rappresenta un primo passo per una maggiore comprensione del processo anche nelle persone.