Perché le teorie del complotto ci affascinano e a volte finiamo per crederci? Uno psicologo lo spiega
Le teorie del complotto hanno radici profonde nella società umana. Al di là della curiosità e della cultura del sospetto, tuttavia, le teorie del complotto possono arrivare anche a influenzare aspetti concreti della nostra vita. Da affermazioni come “il covid non esiste” alla polemica contro i vaccini intesi come mezzo di controllo della popolazione, dalle teorie sull’11 settembre alla terra piatta, il complottismo è un mondo vario e spesso contraddittorio. Ma perché nascono le teorie complottiste, e come si possono contrastare?
Perché nascono le teorie complottiste?
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Le teorie del complotto sorgono in un contesto in cui c’è una forte diffidenza verso l’autorità. E spesso questa diffidenza è giustificata. La storia mostra come politici, aziende e servizi segreti agiscano nell’ombra per raggiungere i loro obiettivi. Di conseguenza, nutrire dei dubbi verso una narrazione non è sempre negativo: si basano su comportamenti dannosi dell’autorità, e da quest’ultima vengono alimentati. Secondo Rob Brotherton, psicologo e docente presso il Barnard Institute di New York, il pensiero complottista è una parte della mente umana piuttosto comune. Quantomeno nelle sue dinamiche.
Sposare una teoria del complotto non richiede necessariamente di essere paranoici, soprattutto se questa si basa su emozioni e dubbi universali. Eppure, il complottismo non è soltanto una pratica che rivela come la mente umana sia portata a cercare collegamenti e significati. Il complottismo fa un passo in più: dietro eventi apparentemente casuali, pensano i complottisti, deve esserci l’intenzione di qualcuno. E spesso è negativa.
Come nascono le teorie complottiste?
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Le teorie del complotto tendono a nascere quando degli eventi casuali vengono collegati in modo da creare una narrazione apparentemente coerente. La mente umana è predisposta per cercare significato e connessioni tra accadimenti, una caratteristica che a volte trae in inganno. Si tratta di una tendenza dovuta a un particolare adattamento evolutivo: i primi esseri umani che potevano risolvere problemi mediante connessioni fra eventi avevano maggiori probabilità di sopravvivenza. In certi casi, tuttavia, questo adattamento può portarci fuori strada, e di molto. Tutti ricorriamo a scorciatoie cognitive, spiega Rob Brotherton, e lo facciamo quotidianamente. Un conto è però lasciarsi guidare da una narrazione apparentemente granitica, un conto è avere gli strumenti per saper discernere quali fonti di informazione sono attendibili e quali no.
Smascherare le teorie del complotto è uno sbaglio?
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Tecnicamente sì, almeno utilizzando alcuni metodi che vanno per la maggiore. Smascherare una teoria del complotto non è sempre efficace: quando si sfata un mito, infatti, si lascia un vuoto nella mente delle persone. E questo vuoto dovrà essere colmato da spiegazioni accurate e dettagliate, che sappiano fornire una spiegazione ugualmente forte di un particolare evento. Di fronte a un cervello che cerca continuamente relazioni di causalità fra eventi, dire che tutto è casuale non è molto efficace.
Allo stesso modo, concentrarsi soltanto sul lato più spettacolare o ridicolo di una teoria del complotto può essere controproducente. Puntare il dito su quanto un complottista sia eccentrico distrae dal reale problema, o magari da chi sfrutta il fenomeno per fini discutibili. Anche il debunking deve essere mirato, completo e accurato.
Come contrastare il complottismo?
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Contrastare il complottismo richiede approcci strategici ed efficaci. Le emozioni possono risultare poco efficaci nel cambiare convinzioni che si sono ormai radicate, e lo stesso si può dire del mero richiamo ai “fatti” e alle “prove”. Un complottista saprà sempre meglio quali sono le prove a supporto dei suoi discorsi e, allo stesso tempo, riuscirà sempre a delegittimare le prove delle argomentazioni altrui. Un recente studio ha mostrato come la prevenzione sia molto più efficace, e aiuta le persone a riconoscere informazioni inaffidabili prima ancora che si arrivi alle teorie del complotto. Di fronte a questo problema, la risposta è sempre: più istruzione, più complessità, più analisi critica.
In definitiva, il pensiero complottista è più che una tendenza passeggera: al contrario, è l’effetto estremo di una caratteristica umana che può essere affrontata mediante educazione, empatia e dialogo. Se, in un certo senso, possiamo essere tutti complottisti, la vera differenza sta nel modo in cui gestiamo questa tendenza. E le impediamo di controllare le nostre convinzioni.
https://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0280902
https://www.nytimes.com/2016/01/03/books/review/suspicious-minds-by-rob-brotherton.html
https://www.theguardian.com/science/2015/nov/07/conspiracy-theories-why-people-need-to-believe-them