Un tesoro di 20 miliardi di dollari sarebbe in un relitto sul fondo dell'oceano: è il più grande tesoro della storia
I tesori sul fondo del mare non sono solo opera della fantasia: anche se non si tratta di veri e propri forzieri, nella profondità delle acque possono davvero celarsi delle enormi ricchezze. Un galeone affondato molto tempo fa nasconde un'incredibile quantità di denaro che sarà riportata alla luce.
Il naufragio del galeone San José in Colombia
Samuel Scott/Wikimedia commons - Public Domain
Nel 1708, nel corso della Guerra di Successione spagnola, il galeone San José venne affondato dagli inglesi. A bordo dell'imbarcazione si trovavano quasi seicento uomini, ma anche una fortuna proveniente dal Nuovo Mondo pari a 116 bauli d'acciaio pieni di smeraldi, duecento tonnellate di oro pari a 30 milioni di monete, argento e 7 milioni di pesos di proprietà del viceré del Perù. Queste ricchezze sono rimaste sepolte nell'oceano per tre secoli, fin quando il governo colombiano non ha scoperto il relitto soltanto nel 2015. Tuttavia, la società privata Sea Search Armada ha dichiarato di essere a conoscenza della sua esistenza sin dal 1981, facendosi avanti per concorrere all'approvigionamento del tesoro affondato al largo della costa caraibica di Cartagena.
Il presidente colombiano Gustavo Petro ha incaricato il governo di agire in modo prioritario per procedere alla riesumazione del galeone. Il ministro della Cultura Juan David Correa ha dichiarato: "Questa è una delle priorità dell'amministrazione Petro. Il presidente ci ha detto di accelerare il ritmo. La Sea Search Armada ha portato il suo caso in arbitrato a Londra, ai sensi dell'accordo di promozione commerciale tra Stati Uniti e Colombia, dove chiede 10 miliardi di dollari, equivalenti alla metà della fortuna, secondo i suoi calcoli."
La fortuna del San José: i Paesi che si contendono il tesoro
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Tuttavia, anche la Spagna ha rivendicato parte della ricchezza, dal momento che, nonostante la San José sia affondata in territorio colombiano, era un'imbarcazione spagnola con a bordo 570 cittadini spagnoli. Non solo: anche Panama e Perù hanno rivendicato parte dei beni, che in origine furono sottratti alle loro terre, almeno in parte, mentre la nazione boliviana Qhara Qhara vuole ottenere la sua parte dato che furono gli antenati di questa terra a estrarre i preziosi materiali nel XVI secolo.
La Colombia non ha reso nota la precisa posizione del relitto, né ha comunicato una datazione precisa per la sua riesumazione. In ogni caso, l'ammontare totale del valore del tesoro è pari a circa 20 miliardi di dollari e il governo colombiano rivendica la totale proprietà, ritenendo il ritrovamento un patrimonio nazionale esclusivo.
La battaglia legale sui 20 miliardi di dollari del San José: solo la Colombia conosce le coordinate
ARMADA DE COLOMBIA
Si è aperta, di fatto, una battaglia legale per determinare chi debba beneficiare del prezioso carico che si trova ancora nei fondali oceanici. San José, d'altro canto, contiene "il più grande tesoro della storia dell'umanità" come ha dichiarato il governo colombiano all'interno di un documento legale, provenienti in gran parte dalle miniere colombiane e peruviane grazie al faticosissimo lavoro di estrazione degli schiavi. Durante il contezioso, la Search Armada ha dichiarato di aver comunicato le coordinate del galeone al governo colombiano, in cambio di un preciso accordo: ricevere la metà della fortuna, ma la Colombia ha negato queste affermazioni.
Un rapporto governativo risalente al 1994 dichiara che nessun relitto è stato rinvenuto alle coordinate fornite dalla società privata, il cui nome precedente era Glocca Morra, e nemmeno in prossimità delle stesse. Inoltre, nel rapporto del 1982 la società non avrebbe menzionato il nome del galeone: "Come si spiega che un'azienda privata trovi il più grande tesoro della storia dell'umanità e non lo denuncia? La risposta è semplice: perché non l'ha trovato" hanno scritto i legali del governo Quando, nel 2015, è stato finalmente rinvenuto, l'ex presidente Juan Manuel Santos volle tenere private le coordinate considerandole un segreto di Stato, esempio seguito anche da Gustavo Petro, che vorrebbe vedere la nave tornare alla luce entro il 2026, anno di fine del suo mandato.
La vicenda sarà risolta in tribunale presso al Corte Permanente di Arbitrato, che si occupa di controversie tra enti internazionali. Chi riuscirà ad accaparrarsi una tale fortuna riesumata dai fondali?