C'è una perdita nella crosta terrestre che fa penetrare le acque della superficie nel nucleo: lo dice una ricerca
Tutti sappiamo che la Terra è formata da una crosta, un mantello e un nucleo. A parte questo, però, ci sono tantissimi aspetti che rimangono ancora oggi un enigma, soprattutto considerando che non potremo mai vederli e studiarli in prima persona. Per esempio, la chimica che regola il centro della Terra è per lo più sconosciuta, ma una nuova ricerca della Arizona State University ha fatto luce su alcuni di questi processi. E pare che nel nostro nucleo ci sia… acqua. Com’è possibile?
Viaggio al centro di una Terra a strati
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Come abbiamo accennato in introduzione, nella Terra si possono distinguere tre strati diversi: nucleo, interno ed esterno, mantello, inferiore e superiore, e crosta. Su quest’ultima abbiamo le conoscenze più accurate e profonde: d’altronde, vivendoci, sarebbe strano il contrario. Con il mantello terrestre la situazione si complica: certo, alcune rocce finiscono per emergere, e quindi possiamo studiarle, ma non è sempre così semplice. Del nucleo, invece, tutto quello che sappiamo è dovuto a indagini non empiriche.
Nel recente studio pubblicato su Nature Geoscience, un team internazionale ha studiato le interazioni fra nucleo e mantello ed è arrivato a una conclusione inaspettata. I due strati interagiscono fra loro molto di più di quanto si pensasse, a circa 2900 Km di profondità, grazie anche all’acqua che arriva dalla superficie.
L'acqua della superficie modifica il nucleo della Terra
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Secondo la ricerca, l’acqua proveniente dalla superficie terrestre può infatti penetrare in profondità nel nostro pianeta alterandone la composizione. In particolare, questi fenomeni avvengono quando l’acqua arriva nello strato primario E, che segna il confine fra le rocce del mantello e il metallo fuso del nucleo. Qui l’acqua reagisce chimicamente con i materiali che compongono il nucleo, generando uno strato ricco di idrogeno e impoverito di silicio. Questo strato, simile a una pellicola, modifica la regione più esterna del nucleo e in più porta alla creazione di cristalli di silice che si integrano nel mantello. La scoperta indica un’interazione fra mantello e nucleo molto più dinamica di quanto si pensasse. Lo strato che si viene a costituire, infatti, ha implicazioni profonde nei cicli geochimici e merita di essere approfondito con ulteriori ricerche. Secondo il prof. Shim della Arizona State University:
Questa scoperta, insieme alla nostra precedente osservazione dei diamanti che si formano dalla reazione dell’acqua con il carbonio nel ferro liquido sotto pressione estrema, indica un’interazione nucleo-mantello molto più dinamica, suggerendo un sostanziale scambio di materiale.
Acqua nel nucleo terrestre, nel mantello e nella crosta
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Peraltro, già altri studi hanno suggerito che la maggior parte dell’acqua presente nel nostro pianeta non appartenga a fiumi, oceani e fonti sotterranee. Al contrario, secondo uno studio pubblicato su Nature Communications, potrebbe essere contenuta all’interno della Terra, disciolta nel ferro del nucleo e nei silicati del mantello. La ricerca è stata condotta dall’Università di Tokyo e ha simulato le reazioni metallo-silicato ad alte temperature e alte pressioni. I risultati hanno indicato come gran parte dell’acqua arrivata sulla Terra potrebbe essersi conservata nel nucleo sotto forma di idrogeno.
E non si tratterebbe neanche dell’unica ricerca in questo senso. Già nel 2014 uno studio aveva individuato un’enorme quantità d’acqua nascosta negli strati più profondi della crosta terrestre. Nel 2017, invece, un altro studio era riuscito a individuare grandissime concentrazioni d’acqua, pari alla massa degli oceani terrestri, all’interno del mantello. E per quanto riguarda l’acqua nel nucleo? I ricercatori dell’Università di Tokyo pensano che la quantità d’acqua presente nel nucleo potrebbe spiegare la sua densità ridotta rispetto al ferro puro. E potrebbe essere equivalente a 70 oceani.
https://www.nature.com/articles/s41561-023-01324-x
https://www.nature.com/articles/s41467-021-22035-0#Abs1
https://www.nature.com/articles/nature14017
https://www.science.org/doi/10.1126/sciadv.1603024
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