Il nostro Sole non è grande quanto credevamo: un nuovo studio scopre le sue vere dimensioni

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di Francesca Argentati

20 Novembre 2023

Il nostro Sole non è grande quanto credevamo: un nuovo studio scopre le sue vere dimensioni

Abbiamo sempre saputo che le dimensioni del Sole, la nostra stella madre, sono molto estese. Tuttavia, un nuovo studio ha messo in dubbio la sua grandezza finora stimata: potrebbe essere più minuto di quanto credevamo.

Il nostro Sole è una stella così grande?

Il nostro Sole è una stella così grande?

Nonostante il Sole abbia dimensioni medie, se non piccole, paragonato ad altre stelle dell'universo, rimane comunque gigantesco in confronto ai pianeti del nostro sistema solare. L'ampiezza del suo diametro è di circa 1,4 milioni di chilometri, tanto che potrebbe comprendere più di un milione di Terre. Le rappresentazioni grafiche ce lo mostrano come una sfera rotonda, ma in realtà non è affatto un cerchio perfetto: il Sole è infatti leggermente schiacciato ai poli per via della sua rotazione. La sua massa rappresenta circa il 99,86% dell'intera massa del sistema solare e la potenza della sua gravità è tale da mantenere otto pianeti e cinque nano pianeti, oltre a una miriadi di asteroidi, comete e meteoroidi, in orbita intorno a esso.

Per quanto riguarda i raggi, la lunghezza media stimata è di circa 696.340 chilometri, che si estendono dal centro del Sole alla sua superficie esterna. Le dimensioni dei raggi solari sono fondamentali per lo studio delle caratteristiche e del comportamento della nostra stella, dal momento che da questo dipende l'intero sistema solare. Tuttavia, due astronomi sono riusciti a dimostrare che il raggio solare non ha le dimensioni che credevamo, correggendo le precedenti stime al riguardo.

La vera dimensione dei raggi solari misurata con le onde p

La vera dimensione dei raggi solari misurata con le onde p

Freepik

Lo studio condotto dagli astrofisici Masao Takata e Douglas Gough, rispettivamente dell'Università di Tokyo, Giappone, e dell'Università di Cambridge, Inghilterra, ha rilevato che il Sole è più piccolo del previsto: i suoi raggi sono più sottili di qualche centesimo di percentuale rispetto alle precedenti evidenze. Una differenza che potrebbe sembrare minima, ma che nel cosmo non è affatto poco. Soprattutto, può cambiare l'approccio allo studio della nostra stella e sul modo in cui permette al nostro pianeta di ospitare forme di vita. La ricerca è in attesa di revisione paritaria e si è fondata sulle onde sonore prodotte e immagazzinate nel cuore del Sole, dette "modalità p". Queste onde risuonano dal nucleo solare e ne raccontano i cambiamenti di pressione e oscillazione, permettendo, secondo i due astrofisici, un'osservazione più dinamica rispetto ad altre onde sonore. È come se "la pancia" del Sole venisse colpita in modo costante da infiniti microscopici granelli di sabbia, producendo un "brulichio" di onde sonore oscillanti che gli studiosi riescono a misurare dalla Terra.

Le onde p, dunque, provocano spinte e trazioni, ma esistono anche le modalità g, ovvero increspature che si muovono dall'alto verso il basso per via della forza di gravità e che divengono modalità f quando si manifestano più a ridosso della superficie della stella, per poi riflettersi nuovamente verso l'interno, viaggiando attraverso il plasma caldo e rimbalzando ancora su un altro punto della superficie. Osservando il loro comportamento è dunque possibile comprendere la struttura solare e il modo in cui si comporta.

Il nostro Sole non è grande quanto credevamo: ora cosa succede?

Tuttavia, secondo alcuni esperti, i modi f non sono così attendibili, dal momento che non raggiungono il bordo della fotosfera solare. Piuttosto, sostengono Gough e Takata, smorzano quella che definiscono "superficie fantasma". I modi p, al contrario, si estendono ben oltre essendo meno sensibili alle turbolenze e ai campi magnetici presenti nello stato limite superiore del Sole. Così, osservando il raggio basandosi non sulla luce visibile né utilizzando calcoli termici, ma su misurazioni sismiche, i due astronomi hanno asserito che le modalità p sono decisamente più funzionali. Douglas Gough ha dichiarato che "le deduzioni sismologiche dicono cose che si riferiscono alle reazioni nucleari, alla composizione chimica e alla struttura di base del Sole".

Utilizzando questo sistema e usando esclusivamente le frequenze delle modalità p, hanno concluso che il raggio solare è lievemente inferiore della misura precedentemente stabilita. Sebbene lo scarto sia apparentemente ininfluente, questo, come detto, ridimensiona il modo in cui la nostra stella viene osservata e studiata, portando a ricalibrare i vari metodi scientifici e a rivalutare l'intera composizione solare. Gli esperti esterni alla ricerca sembrano essere concordi sulla necessità di ristabilire gli elementi interni che costituiscono la struttura della nostra Stella.

Non resta che attendere ulteriori approfondimenti per riuscire a conoscere davvero cosa nasconde la sfera luminosa intorno al quale gira il nostro mondo.