Manufatto recuperato nei fondali italiani: potrebbe essere affondato insieme a un relitto preistorico
Il mare nasconde spesso misteri e tesori, molti dei quali sono ancora sepolti nei fondali. Tuttavia, nelle acque di un'isola italiana è stata ritrovata una pietra di antichissime origini. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.
Ossidiana recuperata nel mare italiano, l'origine di questa pietra
Colling-architektur/Wikimedia commons - CC BY-SA 3.0 DEED
La scoperta è avvenuta in Italia, nei pressi della "Grotta Bianca" dell'isola di Capri, al largo delle coste di Napoli. Quello che i subacquei hanno trovato sui fondali è un'ossidiana cesellata, una pietra di colore nero che, con molta probabilità, finì in mare in seguito a un naufragio oltre cinquemila anni fa. Si ritiene infatti che provenga da un relitto appartenente al periodo del Neolitico o della Nuova Età della Pietra, ma soltanto ora è stata ripescata dalla squadra di sommozzatori della polizia di Napoli. La pietra in vetro naturale pesa quasi 8 kg e le sue dimensioni sono paragonabili a quelle di un libro di grosse dimensioni.
L'ossidiana è una roccia vetrosa che si forma quando la lava vulcanica si raffredda rapidamente, impedendo la crescita di cristalli. Questa rapida solidificazione crea una roccia nera e lucente con bordi taglienti, principalmente composta da silice, ma presenta anche percentuali variabili di ossidi di alluminio, sodio, potassio, calcio, ferro e magnesio. Nonostante sia generalmente di colore nero, può essere anche marrone, verde, rossa e blu, a seconda delle impurità che contiene. La superficie può essere lucente oppure opaca, con inclusioni o striature causate da minerali o gas intrappolati durante la formazione. Solitamente si trova nelle aree vulcaniche, dove eruzioni recenti hanno prodotto lava ricca di silice.
L'ossidiana rinvenuta nel mare di Capri era uno strumento affilato
Soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Napoli
A causa della sua durezza e della capacità di avere bordi affilati, l'ossidiana è stata utilizzata storicamente per realizzare attrezzi e strumenti, come punte di freccia, coltelli e altri utensili taglienti. Diverse popolazioni indigene hanno sfruttato le sue proprietà taglienti per scopi pratici e rituali. In alcune tradizioni spirituali, inoltre, questa roccia viene considerata una pietra energetica con proprietà protettive: si ritiene, infatti, che possa aiutare a dissipare l'energia negativa e promuovere la chiarezza mentale. La sua bellezza e le sue caratteristiche fisiche la rendono interessante dal punto di vista geologico ed estetico e quella ritrovata nel Mar Tirreno non fa eccezione.
Sul pezzo di vetro vulcanico rinvenuto, sono presenti segni evidenti di cesellatura. Secondo gli archeologi, potrebbe trattarsi di un nucleo di ossidiana originariamente impiegato per realizzare uno strumento affilato utile al taglio. La roccia, recuperata il 20 novembre 2023, si trovava tra i 30 e i 40 metri di profondità, come reso noto dal Ministero della Cultura italiano. Il nucleo subacqueo della questura di Napoli ha notato, nel mese di ottobre, la presenza di resti sommersi vicino alla Grotta Bianca di Capri e di altri rinvenimenti precedentemente segnalati ma non ancora localizzati. "La Soprintendenza per l’Area Metropolitana di Napoli ha effettuato il recupero del primo di una serie di nuclei lavorati di ossidiana" si legge sul sito del Ministero, lasciando intendere dunque che ulteriori oggetti saranno riportati alla luce.
Programmate future immersioni per cercare i resti del relitto preistorico
Soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Napoli
Il nucleo recuperato, che si ritiene quindi essere parte del carico di una nave affondata nell'epoca neolitica, misura circa 28x20 cm e ha un'altezza pari a 15 cm. Al momento si trova nei depositi della Soprintendenza, in attesa delel operazioni di pulizia e restauro. Il Soprintendente Mariano Nuzzo ha dichiarato: "È necessaria la realizzazione di un rilievo estensivo del fondale di tipo strumentale, per verificare l’eventuale presenza dello scafo o di altro materiale di carico e per orientare lo scavo diretto, in un contesto particolarmente difficile per le indagini e il recupero di materiali antichi, soprattutto di una certa consistenza, determinata dalle quote molto basse del fondale."
Le prossime immersioni di recupero sono già state programmate e vedranno la collaborazione della Soprintendenza Nazionale per il Patrimonio Culturale Subacqueo, che permetteranno di indagare ulteriormente i fondali di Capri e del Mar Mediterraneo in epoca preistorica. L'obiettivo è quello di riportare a galla gli antichi manufatti e individuare le parti del relitto che potrebbero essere ancora conservate sui fondali italiani. Quali altre sorprese riusciranno a rivelare le future immersioni?