Anomalia magnetica della Terra rivelata da antichi mattoni trovati in Mesopotamia

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di Gianmarco Bonomo

27 Dicembre 2023

Anomalia magnetica della Terra rivelata da antichi mattoni trovati in Mesopotamia

Una scoperta in Mesopotamia potrebbe collegare lo studio archeologico del passato con i cambiamenti del campo magnetico terrestre avvenuti quasi 3000 anni fa. È questo il risultato di una ricerca pubblicata su PNAS e condotta su degli antichi mattoni mesopotamici. Vediamo di cosa si tratta, e perché le tecniche archeomagnetiche potrebbero costituire il futuro dello studio del passato.

I cambiamenti al campo magnetico terrestre, migliaia di anni fa

I cambiamenti al campo magnetico terrestre, migliaia di anni fa

Slemani Museum

Analizzare i cambiamenti del campo magnetico terrestre nell’arco di secoli, o anche millenni, è un nuovo strumento che permette di datare i manufatti antichi con maggiore precisione rispetto ai metodi convenzionali. Per farlo, i ricercatori hanno cercato di ottenere misurazioni precise dei grani di ossidi di ferro prelevati da antichi mattoni ritrovati in Mesopotamia. Dopo aver prelevato i frammenti, il team ha utilizzato un magnetometro e quindi ha potuto ottenere una misurazione piuttosto precisa.

In particolare, i reperti risalgono al regno di Nabucodonosor II, fra la fine del VII e l’inizio del VI secolo a.C., e i risultati sono stati sorprendenti. Nel corso delle indagini, infatti, i ricercatori hanno notato un repentino cambiamento nel campo magnetico terrestre, con dei veri e propri picchi di intensità. Secondo la Prof.ssa Lisa Tauxe, che ha partecipato allo studio, lo studio dei mattoni dal punto di vista dell’archeomagnetismo offre un’opportunità senza precedenti.

Archeomagnetismo e archeologia: il futuro dello studio del passato

Archeomagnetismo e archeologia: il futuro dello studio del passato

Wikimedia commons/Public domain

E proprio l’archeomagnetismo rappresenta una novità nello studio dei reperti archeologici. I mattoni incisi con i nomi dei sovrani, ritrovati in Mesopotamia, hanno infatti rivelato dei dettagli cruciali su un’insolita anomalia magnetica avvenuta quasi 3000 anni fa. L’archeomagnetismo cerca le tracce del campo magnetico terrestre nei reperti archeologici, e ha un duplice obiettivo. Da una parte, aiutare a datare meglio oggetti la cui datazione non era così semplice; dall’altra parte, confermare le ipotesi sui cambiamenti al campo magnetico della Terra. Secondo il Prof. Mark Altaweel, co-autore dello studio pubblicato su PNAS:

Spesso ci affidiamo a metodi di datazione come le date al radiocarbonio per avere un’idea della cronologia nell’antica Mesopotamia. Tuttavia, alcuni dei resti culturali più comuni, come mattoni e ceramiche, non possono essere facilmente datati perché non contengono materiale organico. Questo lavoro ora aiuta a creare un’importante base di datazione che permette ad altri di beneficiare della datazione assoluta utilizzando l’archeomagnetismo.

Il campo magnetico terrestre nella Mesopotamia di 3000 anni fa

Il campo magnetico terrestre nella Mesopotamia di 3000 anni fa

NASA

Grazie all’uso dell’archeomagnetismo, la ricerca ha anche confermato l’esistenza di un’anomalia geomagnetica levantina nell’età del ferro. Si tratta di un fenomeno durato fra il 1050 a.C. e il 550 a.C. caratterizzato da un campo magnetico insolitamente forte, che ha interessato una vasta regione. Per intenderci, parliamo di una fascia che va dalle isole Azzorre fino alla Cina, e con al suo centro la Mesopotamia.

Per comprendere meglio l’utilità di una nuova tecnica come l’archeomagnetismo, basta guardare ai risultati di un altro studio. In questo caso, i ricercatori sono riusciti a ricostruire il percorso del polo nord magnetico terrestre negli ultimi 22 mila anni. Se la sua traiettoria ha fatto avanti e indietro fra Canada e Siberia, circa 3200 anni fa ha iniziato a spostarsi verso sud, raggiungendo la Norvegia e causando un forte flusso magnetico più a sud. Esatto, anche in Mesopotamia, dove degli scribi incidevano mattoni con i nomi dei sovrani, non sapendo che avrebbero contribuito all’evoluzione dell’archeologia.