I nostri antenati rischiarono l'estinzione in un preciso momento del passato: la scoperta
Sappiamo molto sull'evoluzione umana, ma non tutto: studi e ricerche continuano a mettere in luce aspetti interessanti e di fondamentale importanza circa i nostri antenati che, a quanto pare, hanno rischiato l'estinzione in un preciso momento del passato. Scopriamo insieme quando e perché.
I nostri antenati rischiarono l'estinzione circa 900.000 anni fa
State Office for Heritage Management and Archaeology Saxony-Anhalt / State Museum of Prehistory Halle/Wikimedia commons - CC BY 3.0
Molte specie animali hanno rischiato, e rischiano tutt'ora, di estinguersi completamente. Ciò significa che, per una serie di fattori, sulla Terra sono presenti solo pochi esemplari, che vanno tutelati per consentire loro la riproduzione e, dunque, la continuazione della specie. Uno degli esempi più eclatanti del passato riguarda senza dubbio i dinosauri, i giganti che regnarono sovrani sul nostro pianeta milioni di anni fa, ben prima della comparsa dei primi umani. Tuttavia, anche i nostri antenati sperimentarono un pericolo simile, secondo uno studio sulla genetica moderna. Questo avvenne circa 900.000 anni fa e coinvolse una specie pre-umana.
I ricercatori abbracciano l'ipotesi che potrebbe essersi trattato di antenati dell'Homo Heidelbergensis, un ominide del periodo Pleistocene, compreso tra 600.000 e 300.000 anni fa, chiamato così per il ritrovamento dei resti fossili nella città di Heidelberg, Germania, nell'anno 1907. In alternativa, il gruppo di pre-umani che rischiarono l'estinzione potrebbe essere stato rappresentato da una specie ancestrale sconosciuta. Quello che è emerso dalla ricerca intercontinentale, che ha coinvolto USA, Cina e Italia, in ogni caso, è che questi nostri antenati di origine africana si trovarono a un passo dall'estinzione poco meno di un milione di anni fa.
Gli esseri umani a rischio estinzione erano soltanto 1280
Tim Evanson/Wikipedia commons - CC BY-SA 2.0 DEED
Molto prima dell'avvento dell'Homo sapiens, si verificò una preoccupante riduzione di questa specie umana precedente, con un totale di ominidi pari a 1280, una quantità che rimase esigua per i successivi 117.000 anni. La genetista della popolazione dell'Accademia cinese delle scienze di Pechino, Haipeng Li, ha dichiarato che "circa il 98,7% degli antenati umani sono andati perduti." Del resto, sottolinea, i reperti fossili rinvenuti in Eurasia e Africa appartenenti al periodo compreso tra 950.000 e 650.000 anni fa sono soggetti a molte lacune e “la scoperta di questo collo di bottiglia può spiegare il divario cronologico”.
"Il sistema climatico della Terra iniziò a cambiare durante la transizione del Pleistocene medio, associata a una fase di forte raffreddamento circa 900.000 anni fa" si legge nella ricerca. "È difficile determinare in che modo questo cambiamento possa aver influenzato le popolazioni umane, perché i fossili e i reperti archeologici sono relativamente scarsi per questo periodo e si trovano oltre la portata del recupero del DNA antico." Per riuscire a ottenere questo risultato, gli scienziati hanno dovuto ricorrere a strumenti inediti. Se, infatti, le metodologie avanzate per sequenziare il genoma hanno permesso di stimare la popolazione in seguito allo sviluppo degli umani moderni, è stato necessario realizzare nuovi sistemi per ottenere le stesse informazioni sui primi ominidi.
In questo modo, gli autori dello studio sono riusciti a stabilire cosa accadde in precedenza sfruttando le informazioni genetiche degli esseri umani moderni. Grazie alla realizzazione di un intricato albero genealogico genetico, gli scienziati hanno potuto osservare nel dettaglio ogni più piccolo ramo, arrivando a scoprire gli episodi evolutivi più rilevanti.
Estinzione umana tra 800.000 e un milione di anni fa: globale o regionale?
Charles Robert Knight/Public Domain
Utilizzando il nuovo metodo di analisi chiamato FitCoal, il team ha proiettato "l’attuale variazione genetica umana indietro nel tempo, per stimare la dimensione delle popolazioni in punti specifici del passato. I risultati suggeriscono che i nostri antenati hanno subito un grave collo di bottiglia nella popolazione, iniziato circa 930.000 anni fa e durato quasi 120.000 anni. Si stima che ciò abbia ridotto il numero di individui riproduttori a circa 1300, portando i nostri antenati sull’orlo dell’estinzione" scrivono gli autori.
L'approccio si è rivolto al periodo evolutivo compreso tra 800.000 e un milione di anni fa, proprio perché questo arco temporale presenta molte lacune e si sa ben poco di ciò che accadde. La transizione del Pleistocene inferiore-medio fu colpito da significativi cambiamenti climatici, con periodi glaciali più estesi e rigidi. Di conseguenza, il continente africano sperimentò lunghi periodi di siccità e questo può aver contribuito alla quasi estinzione della specie, portando allo sviluppo di nuovi esseri umani, che nel tempo potrebbero essere diventati Neanderthal e Denisoviani.
Fortunatamente, un esiguo gruppo di pre-umani è sopravvissuto alle intemperie, anche se non è stato stabilito in che modo ci siano riusciti. Tuttavia, 813.000 anni fa la popolazione si è nuovamente estesa, garantendo la continuazione e l'evoluzione della specie. Cosa sarebbe accaduto, altrimenti? La ricerca suggerisce che la drastica diminuzione di ominidi si verificò a livello globale, ma secondo Nick Ashton, archeologo del British Museum di Londra e autore del prospetto, "il numero di siti archeologici al di fuori dell’Africa suggerisce che non è così. Potrebbe essere più probabile un collo di bottiglia regionale. Ciò implicherebbe che i sopravvissuti occupassero un’area molto localizzata con una buona coesione sociale per sopravvivere."
I prossimi necessari approfondimenti porteranno alla luce ulteriori preziose informazioni su quanto accadde ai nostri antenati a rischio di estinzione.