Non è l'acqua che dobbiamo cercare per individuare altri pianeti abitabili che ospitano la vita: lo studio
La ricerca di altri pianeti abitabili, si sa, è un interesse degli scienziati da sempre, ma ora un nuovo studio suggerisce che i presupposti di questa esplorazione potrebbero essere diversi. Ecco come e in che modo propongono di procedere.
Per capire se un pianeta abitabile si può valutare l'assenza di questo elemento chimico
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Esiste la vita su altri pianeti? Probabilmente sì, ma nessuno ancora lo ha dimostrato. Da anni gli scienziati cercando di scoprire dove, e come, altre forme di vita si siano sviluppato nell'immensità dello spazio, che è talmente esteso da rendere impossibile l'idea che siamo gli unici ospiti dell'intero universo. Se finora gli astronomi hanno cercato specifiche caratteristiche su altri pianeti, alla ricerca di quelli potenzialmente abitabili, stando ai risultati di un nuovo studio si dovrebbe procedere in modo inverso: cercare quelli che non possiedono un preciso componente. Partiamo dal presupposto che, per essere abitabile e dunque ospitare la vita, un pianeta deve tassativamente contemplare la presenza dell'acqua in forma liquida. Per trovare questa sostanza, stando al parere degli scienziati del MIT e dell'Università di Birmingham, è necessario individuare l'assenza di un particolare elemento chimico nell'atmosfera.
Il team di ricerca internazionale suggerisce che se un pianeta ha meno anidride carbonica rispetto agli altri pianeti del suo stesso sistema, questo potrebbe indicare la presenza di acqua in forma liquida e, potenzialmente, alcune forme di vita. Secondo gli autori dello studio, questa è l'unica caratteristica facilmente rilevabile sulla possibile abitabilità di un pianeta. Julien de Wit, assistente professore di scienze planetarie al MIT, Massachusetts Institute of Technology, USA, ha dichiarato: "Il Santo Graal nella scienza degli esopianeti è cercare mondi abitabili e la presenza di vita, ma tutte le caratteristiche di cui si è parlato finora erano fuori dalla portata dei più nuovi osservatori. Ora abbiamo un modo per scoprire se c'è acqua liquida su un altro pianeta. Ed è qualcosa a cui possiamo arrivare nei prossimi anni."
Pianeti poveri di carbonio potrebbero essere abitabili: ecco perché
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Uno dei co-autori di De Wit nella ricerca è Amaury Triaud, University of Birmingham, Regno Unito. Ad oggi, gli astronomi hanno individuato oltre 5.200 mondi al di là del nostro sistema solare, grazie ai moderni telescopi in grado di calcolare con precisione la distanza di un pianeta dalla sua stella madre e la durata della sua orbita. Proprio questi dati sono stati finora utilizzati per comprendere se un pianeta sia ubicato in una zona ritenuta abitabile, senza tuttavia poter stabilire se sulla sua superficie si trovi l'acqua liquida oppure no. Nel nostro sistema solare, questo è molto più semplice: basta osservare gli scintillii, ovvero i bagliori prodotti dal riflesso dei raggi del sole sulle superfici acquose, per confermare la presenza di laghi e oceani. Questo, ad esempio, è avvenuto sulla luna più grande di Saturno, Titano, ma è attualmente impossibile riuscire a individuare tali bagliori al di là del nostro sistema. Le tecnologie di cui disponiamo non sono sufficientemente avanzate.
Tuttavia, gli autori hanno proposto una soluzione alternativa. Come ha affermato Triaud, "ci è venuta un'idea, osservando cosa sta succedendo ai pianeti terrestri nel nostro sistema." Venere, Terra e Marte condividono caratteristiche comuni: il fatto di essere pianeti rocciosi e di trovarsi in un'area piuttosto temperata rispetto al Sole. Di tutti e tre, la Terra è la sola a possedere acqua liquida, ma non solo: presenta anche un'anidride carbonica più povera nella sua atmosfera. Triaud ha spiegato: "Partiamo dal presupposto che questi pianeti siano stati creati in modo simile, e se ora vediamo un pianeta con molto meno carbonio, deve essere andato da qualche parte." Ma dov'è è finito e in che modo? "L'unico processo che potrebbe rimuovere così tanto carbonio dall'atmosfera è un forte ciclo dell'acqua che coinvolge oceani di acqua liquida."
Abitabile non significa abitato: oltre all'anidride carbonica dev'esserci ozono
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Questa teoria trova riscontro nel fatto che gli ampi oceani terrestri hanno contribuito fortemente all'assorbimento dell'anidride carbonica nelle ultime centinaia di milioni di anni, per un totale equiparabile a quella che ancora ospita Venere. Ecco perché il nostro pianeta ha meno quantità di carbonio nell'atmosfera rispetto ai suoi vicini di casa. Frieder Klein, tra gli altri autori della ricerca, ha confermato tale ipotesi: "Sulla Terra, gran parte dell'anidride carbonica atmosferica è stata sequestrata nell'acqua di mare e nella roccia solida nel corso dei tempi geologici, il che ha contribuito a regolare il clima e l'abitabilità per miliardi di anni". In definitiva, suggerisce il team, riuscire a rilevare un'impoverimento di anidride carbonica su un pianeta esterno al nostro sistema solare rispetto a quelli vicini ad esso e con caratteristiche simili, può essere un chiaro segnale di abitabilità. Il primo step è dunque quello di stabilire la presenza di atmosfera nei pianeti di un dato sistema solare, il secondo è quello di valutarne la quantità e individuare quale, fra questi, ne è più povero.
A questo punto, non è detto che il pianeta potenzialmente abitabile sia effettivamente abitato: occorre cercare la presenza dell'ozono, che sulla Terra viene prodotto quando l'ossigeno rilasciato da piante e microbi interagisce con i fotoni del sole. Un impoverimento di carbonio e la presenza di ozono sarebbero una prova quasi certa della presenza di vita su un altro pianeta. "Se vediamo l'ozono, è molto probabile che sia collegato all'anidride carbonica consumata dalla vita. E se è vita, è una vita gloriosa. Non sarebbero solo pochi batteri, ma una biomassa su scala planetaria in grado di elaborare un'enorme quantità di carbonio e di interagire con esso" ha concluso Triaud, aggiungendo che il telescopio James Webb della NASA potrebbe essere in grado di esaminare la presenza di questi due elementi sul sistema TRAPPIST-1, che ospita sette pianeti a 40 anni luce dalla Terra. "Ora abbiamo una tabella di marcia per la ricerca di pianeti abitabili. Se lavoriamo tutti insieme, entro i prossimi anni potrebbero essere fatte scoperte rivoluzionarie" ha concluso de Wit.
Una prospettiva entusiasmante, che potrebbe davvero portare alla scoperta di altri pianeti abitabili e abitati.