Secondo l'AI, le impronte digitali delle dita di una mano non sono tutte diverse tra loro: rovesciata una credenza forense
L'intelligenza artificiale ci rivela un'altra verità finora ignorata: le impronte digitali, che credevamo uniche, in realtà non sempre lo sono. E ora? Cosa significa questa scoperta?
Le impronte digitali non sono sempre uniche: scoperta rivoluzionaria
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L'intelligenza artificiale costruita da un gruppo di ingegneri della Columbia ribalta una delle convinzioni che abbiamo sempre condiviso: quella che le nostre impronte digitali siano uniche e mai uguali. Una teoria confermata per lungo tempo dalla medicina legale. Così, ci ha pensato proprio l'AI a informarci dell'errore. L'intelligenza artificiale viene spesso impiegata per accelerare la ricerca scientifica e le relative scoperte, ma in questo caso si tratta di una novità davvero sconcertante. A quanto pare, l'intelligenza artificiale ha individuato un nuovo sistema per confrontare le impronte digitali che sembrano differenti, ma che invece appartengono a dita diverse del medesimo individuo. In ambito forense, è comune convinzione che impronte digitali di dita diverse di una stessa persona non sono uguagliabili e, pertanto, uniche.
Tuttavia, il team coordinato dallo studente universitario della Columbia Engineering Gabe Guo ha ribaltato le cose. Lo studente, senza possedere alcuna nozione di medicina legale, si è imbattuto in un database pubblico del governo USA che raccoglie sessantamila impronte digitali circa. A quel punto, ha deciso di inserirle a coppie nella rete di contrasto profondo, un sistema basato sull'AI. In alcuni casi, queste coppie erano riconducibili a un'unica persona, mentre in altri appartenevano a due individui diversi. Così, ne è nata una vera e propria ricerca volta a inquadrare la questione nel dettaglio, tramite una collaborazione tra il laboratorio Creative Machines di Hod Lipson della Columbia Engineering e il laboratorio Embedded Sensors and Computing di Wenyao Xu dell'Università di Buffalo.
Le impronte digitali non sono sempre uniche: possibile svolta per casi irrisolti
D. Sharon Pruitt/Wikimedia Commons
Sviluppando ulteriormente questo sistema di intelligenza artificiale, il gruppo di ingegneri è riuscito a identificare quando le impronte digitali considerate uniche appartenevano alla stessa persona e quando invece non era così. La precisione raggiunta per ogni coppia ha sfiorato il 77%. Nel momento in cui venivano proposte più coppie al sistema, la percentuale di esattezza aumentava in modo importante, superando di circa dieci volte l'attuale capacità delle analisi forensi.
Dopo aver esaminato i dati emersi, gli autori dello studio non hanno perso tempo, sottoponendo i risultati a una rivista forense di tutto rispetto: tuttavia, qualche mese dopo, hanno ricevuto un no come risposta. L'editore ha infatti stabilito che “è risaputo che ogni impronta digitale è unica”, dunque nessuna potrebbe somigliare a un'altra, neppure se appartenessero alla medesima persona.
Il team, però, non si è arenato di fronte al rifiuto e ha aggiunto nuovi dati al sistema artificiale, che ha continuato a produrre risultati inequivocabili. Dopo aver proposto nuovamente il documento a un settore editoriale più generico, però, è arrivato un secondo rifiuto. A questo punto, la squadra ha deciso di fare ricorso, credendo fortemente nell'importanza della propria scoperta, che potrebbe persino aiutare nella risoluzione di casi irrisolti o archiviati. Sebbene il livello di precisione dell'AI non consenta di emettere una sentenza definitiva, potrebbe quantomeno rilevare circostanze sospette e che dovrebbero essere riprese in esame.
L'AI confronta le impronte digitali con un metodo diverso dall'analisi forense
CPOA/Flickr - CC BY-ND 2.0
Dopo una lunga attesa, finalmente il team è riuscito a pubblicare il proprio articolo sulla prestigiosa rivista Science Advances. Come mai l'intelligenza artificiale è riuscita laddove l'analisi forense non è ancora arrivata? Deve aver percorso, inevitabilmente, un sentiero alternativo, che Guo ha spiegato: “L’intelligenza artificiale non utilizzava le ‘minutiae’, che sono le ramificazioni e i punti finali nelle creste delle impronte digitali – i modelli utilizzati nel tradizionale confronto delle impronte digitali. Invece, ha usato qualcos'altro, legato agli angoli e alle curvature dei vortici e degli anelli al centro dell'impronta digitale."
I colleghi di Guo hanno sottolineato che, quando il sistema AI sarà alimentato da milioni di dati e non solo da migliaia, la sua funzione sarà ancora più sorprendente. Se la loro tecnica verrà applicata in ambito forense, sarà necessario ampliare il set di dati. Resta il fatto che l'AI ha dato una nuova prova delle sue capacità: “Molte persone pensano che non possa davvero fare nuove scoperte, che rigurgiti solo la conoscenza, ma questa ricerca è un esempio di come anche un’intelligenza artificiale abbastanza semplice, dato un set di dati abbastanza semplice che la comunità di ricerca ha in giro per anni, può fornire intuizioni che sono sfuggite agli esperti per decenni”.
A quanto pare, sostiene il team, dobbiamo prepararci a un'esplosione di scoperte scientifiche guidate proprio dall'AI, che potrebbero ribaltare convinzioni consolidate da decenni: tutti pronti a questo entusiasmante scenario?