Si dice "piantare in asso" o "piantare in Nasso"? Risolto il dilemma di questo modo di dire italiano
Molti si chiedono: si dice piantare in asso o piantare in Nasso? Qual è il modo corretto di esprimere questo concetto? Ecco qual è la risposta stando alla fonte più autorevole in materia.
Si dice piantare in asso o in Nasso?
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Nella lingua italiana ci sono molte espressioni e modi di dire di cui non conosciamo l'origine, una di queste però suscita una certa perplessità: si tratta di "piantare in asso", che secondo alcuni sarebbe una formula errata. Diverse persone sostengono infatti che quella giusta sia "piantare in Nasso". Ma qual è la verità?
Partiamo dal significato di questa frase, che è quello di essere lasciati improvvisamente soli da una o più persone nel bel mezzo di un contesto o situazione, sia reale che metaforica. Se, ad esempio, chiediamo l'aiuto di qualcuno che ci ha promesso il suo supporto o ci troviamo a un appuntamento con qualcuno che non si presenta o se ne va, usiamo proprio questo modo di dire. Tuttavia, molti scelgono l'espressione "sono stato piantato in asso", mentre altri sostengono che la forma corretta sia proprio "mi hai piantato in Nasso". Quale delle due è effettivamente quella giusta?
La forma piantare/lasciare in asso, in uso dal XIII secolo
A sciogliere ogni dubbio è l'Accademia della Crusca, la quale ha ricevuto richieste di delucidazione da parte di diversi lettori proprio in merito a questo modo di dire e alle sue origini. "Indagare sui modi di dire di una lingua richiede spesso ampie conoscenze non solo di tipo linguistico, ma anche antropologiche, storiche e talvolta relative alle tradizioni culturali presenti e passate di un popolo" scrive l'Accademia, la quale sottolinea che, proprio per questo motivo, esistono molti modi di dire nella lingua italiana con origini e radici "difficilmente rintracciabili".
Uno di questi è proprio "lasciare/piantare in asso", modo di dire ampiamente utilizzato che per l'Accademia della Crusca significa: "Abbandonare qualcuno bruscamente, lasciarlo solo." Nel momento in cui si vuole indicare il proprio stato di "abbandono", si utilizza la formula "restare/rimanere in asso". In ogni caso, l'espressione "lasciare in asso" comparve per la prima volta nel 1543 nella commedia dei Lucidi di Agnolo Firenzuola, mentre "piantare in asso" si trova nella novella di Verga "La coda del diavolo" del 1876. Rimanere in asso, invece, era già presente nel XIII secolo, fatto che lascia presupporre che anche "lasciare/piantare" fossero utilizzati in quel periodo e prima del 1500, antecedente alle prove letterarie, per poi restare in uso fino a oggi.
E per quanto riguarda piantare in Nasso? Questa variante apparve nel XVI secolo e deriva dal mito di Arianna.
Piantare in Nasso, il mito di Arianna
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Arianna era figlia del re di Creta, Minosse. La fanciulla si innamorò di Teseo e lo aiutò a fuggire dal labirinto del Minotauro usando il famoso filo di Arianna, per poi scappare insieme a lui. Tuttavia, quando arrivarono nell'isola più grande delle Cicladi, Nasso, Teseo la lasciò sola, abbandonandola, finché non fu raggiunta da Dioniso. Per cui, il modo di dire "piantare in Nasso", usato già prima di "lasciare in asso", nasce da questo mito greco e dall'abbandono di Arianna sull'isola da parte dell'amato.
Tuttavia, esiste un'altra ipotesi, attribuita a Gilles Mènage, autore francese di "Origini della lingua italiana" del 1669, il quale usava il termine nasso riconducendolo al termine latino "nassum", cioè la nassa usata per catturare i pesci, ma questa teoria non è ritenuta valida. "Piantare in asso", invece, potrebbe derivare dalle carte, dove l'asso corrisponde a 1, oppure al gioco dei dadi.
In definitiva, sebbene la forma "piantare in asso" sia oggi molto più utilizzata rispetto a "piantare in Nasso", secondo l'Accademia della Crusca entrambe le varianti sono corrette e convivono da secoli nella lingua italiana.