Archeologi scoprono per la prima volta la presenza di microplastiche nelle profondità del terreno antico
Antichi campioni di terreno contengono tracce di microplastiche, hanno scoperto gli archeologi. Questo cosa significa e soprattutto cosa comporta?
Scoperte microplastiche nel terreno antico
York Archaeology
La presenza di microplastiche nell'ambiente moderno, sia terrestre che marino, è ben nota, ma quello che non si sapeva è che sono riuscite a "intaccare" anche i suoli appartenenti a tempi remoti. Con enorme perplessità, i ricercatori dell'Università di York, Regno Unito, hanno trovato per la prima volta la presenza di microplastiche in campioni di terreno antico. Si tratta di minuscoli pezzi di plastica inquinanti e grandi pochi millimetri, derivati dalla degradazione del materiale.
Una scoperta sconvolgente, perché potrebbe portare a rivedere il modo in cui vengono custoditi i reperti archeologici. I campioni esaminati appartengono al I o II secolo d.C. e provengono da una profondità di circa sette metri sotto la superficie del suolo. Se si pensava che i depositi archeologici fossero "puri e incontaminati", a quanto pare non è affatto così.
Il suolo antico contaminato stravolge il settore dell'archeologia
York Archaeology/Science of The Total Environment
Sono stati identificati, durante lo studio, sedici differenti polimeri microplastici nel terreno archiviato, usati con frequenza nei cosmetici e nei prodotti per la cura della pelle prima del 2020. Dunque, si aggiunge una nuova preoccupazione relativa a queste particelle di plastica, e riguarda appunto la necessità di rivedere alcuni metodi nel settore dell'archeologia. Potrebbe rendersi obbligatorio, infatti, uno stravolgimento profondo in questo campo.
Fino a questo momento, infatti, i resti e i reperti sono stati abitualmente conservati in situ, ma la scoperta della contaminazione può avere un significativo impatto sul valore scientifico dei campioni e condurre a nuove tecniche di conservazione. John Schofield, professore all'Università di York e tra gli autori dello studio, ha affermato: "Questo sembra un momento importante, che conferma ciò che avremmo dovuto aspettarci: quelli che in precedenza si pensava fossero depositi archeologici incontaminati, maturi per le indagini, sono infatti contaminati da plastica, e ciò include depositi campionati e immagazzinati alla fine degli anni '80."
Sebbene siamo consapevoli della plastica presente nei fiumi e negli oceani, i ricercatori hanno scoperto con sgomento che "il nostro patrimonio storico incorpora elementi tossici. In che misura questa contaminazione compromette il valore probatorio di questi depositi, e la loro importanza nazionale, è ciò che cercheremo di scoprire."
Microplastiche nel terreno antico, le possibili conseguenze
York Archaeology
L'amministratore delegato della York Archaeology, David Jennings, ha cercato di spiegare i possibili effetti di questa scoperta sui reperti campionati: "I nostri resti meglio conservati, ad esempio i reperti vichinghi a Coppergate, nella città di York, si trovavano in un ambiente anaerobico impregnato d'acqua per oltre 1000 anni, che preservava i materiali organici incredibilmente bene." Tuttavia, la presenza delle microplastiche potrebbe alterare la chimica del terreno, "introducendo potenzialmente elementi che causeranno la decomposizione dei resti organici. Se così fosse, preservare l’archeologia in situ potrebbe non essere più appropriato."
In definitiva, il mondo dell'archeologia sembra trovarsi a una svolta inaspettata: nuove strategie di conservazione potrebbero diventare imprescindibili per tutelare e conservare i reperti che ancora giacciono nel sottosuolo, che siano già stati trovati o in attesa di essere scoperti.