Ora sappiamo perché sbattiamo le palpebre così spesso: non è soltanto per proteggere e inumidire gli occhi

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di Francesca Argentati

26 Aprile 2024

Quanto sappiamo davvero sulla vista umana e sugli organi coinvolti in questo processo? Uno studio ha preso in esame il motivo per cui sbattiamo così spesso le palpebre, scoprendo qualcosa che va al di là delle funzioni che conosciamo.

Quanto sbattiamo le palpebre ogni giorno?

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Sbattere le palpebre con frequenza è qualcosa di assolutamente normale e naturale, che tutti facciamo. Sebbene a volte si tratti di un gesto volontario, come quando vogliamo fare "l'occhiolino" o sottolineare una manifestazione di stupore, nella maggior parte dei casi è un riflesso inconsapevole. Una ricerca ha voluto concentrarsi su questo aspetto dell'occhio umano e scoprire se ci sia qualcosa di più rispetto a quanto sappiamo già.

Sbattere le palpebre rende impossibile visualizzare l'immagine che abbiamo davanti sulla retina, quindi appare bizzarro che la nostra natura ed evoluzione ci abbia portato a farlo così spesso. In media, infatti, quando non stiamo dormendo eseguiamo questa azione dal 3% all'8% del tempo. È noto che la chiusura delle palpebre serve a mantenere gli occhi umidi e lubrificati, ma si tratta di un tempo complessivo davvero eccessivo per pensare che questa sia la loro unica funzione. Così, i ricercatori dell'Università di Rochester, New York, hanno indagato sulla questione, arrivando a scoprire che il battito di queste membrane ricopre anche un altro importante ruolo.

Sbattere le palpebre migliora la visibilità

Oltre a mantenere gli occhi sufficientemente umidi, le palpebre contribuiscono significativamente a un altro importante meccanismo: quello di permettere al cervello di elaborare ciò che gli occhi vedono, ovvero le informazioni visive.

Michele Rucci, professore del Dipartimento di Scienze del cervello e cognitive, ha spiegato: "Modulando l'input visivo inviato alla retina, il battito delle palpebre riformatta efficacemente le informazioni visive, producendo segnali di luminanza che differiscono drasticamente da quelli normalmente sperimentati quando guardiamo un punto della scena." 

Per comprendere come il battito dello palpebre condiziona ciò che vediamo, Rucci, insieme ai colleghi Bin Yang e Janis Intoy, ha osservato i movimenti oculari, unendo i dati raccolti a modelli computerizzati e all'analisi spettrale dei segnali di input visivi.

Il team, misurando la sensibilità delle persone nel recepire stimoli diversi, ha scoperto che sbattere le palpebre migliora la visione della scena globale. "Mostriamo che l'ammiccamento aumenta la potenza della stimolazione retinica e che questo effetto migliora significativamente la visibilità nonostante il tempo perso nell'esposizione alla scena esterna."

La vista è simile agli altri sensi

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Il repentino movimento delle palpebre che si chiudono cambiano i modelli di luce che stimolano la retina, generano un segnale visivo per il cervello differente da quello che riceve quando gli occhi sono aperti e concentrati su un dettaglio in particolare.

Yang, primo autore dello studio e studente laureato del laboratorio di Rucci, ha spiegato: "Contrariamente all’ipotesi comune, l’ammiccamento migliora, anziché interrompere, l’elaborazione visiva, compensando ampiamente la perdita di esposizione allo stimolo.”

La nostra vista, in definitiva, si basa su un mix di input sensoriali e attività motoria, un po' come l'udito e l'olfatto, in cui la percezione è sostenuta dai movimenti del corpo, che aiutano il cervello a comprendere lo spazio circostante.

Prima di questi risultati, l'idea è che la vista si discostasse dagli altri sensi, dato che l'immagine sulla retina invia un'informazione spaziale sufficientemente chiara. Ma non è proprio così: "La vista assomiglia ad altre modalità sensoriali più di quanto comunemente si pensi" ha concluso Rucci.

Il battito delle palpebre, dunque, non si limita a rinfrescare il film lacrimale, ma è a tutti gli effetti una fase di elaborazione delle informazioni visive che catturiamo.