L'intelligenza artificiale può averci impedito di entrare in contatto con gli alieni, secondo un studio

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di Francesca Argentati

13 Maggio 2024

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Se non siamo ancora riusciti a trovare gli alieni, la colpa potrebbe essere dell'intelligenza artificiale, secondo uno nuovo studio. Perché? Scopriamolo insieme.

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La teoria del Grande Filtro e la ricerca di contatti alieni

Il cielo notturno risplende grazie all'IA generativa iridescente dello spazio profondo

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Gli scienziati sono alla ricerca di uno contatto alieno da sempre, ma di fatto non sono mai state raccolte prove nemmeno della loro esistenza, anche se immaginare di vivere sull'unico pianeta dell'intero universo che ospita forme di vita sarebbe quantomeno presuntuoso. Un nuovo studio ha stabilito che l'intelligenza artificiale potrebbe essere la responsabile del mancato contatto tra alieni e umanità

Considerata la vastità del cosmo, ricco di stelle e pianeti, è alquanto strano non aver mai ricevuto segni che testimonino la presenza di civiltà extraterrestri. Questa "assurdità" prende il nome di paradosso di Fermi, che per lungo tempo ha catturato l'interesse scientifico causando grande perplessità. Ora, uno scienziato si è domandato se il rapido sviluppo dell'intelligenza artificiale non sia il segreto di questo mancato contatto alieno. L'idea si basa sulla teoria del "Grande Filtro", secondo cui la vita intelligente si trova a dover superare ostacoli e difficoltà di rilievo per riuscire a evolvere verso una civiltà avanzata e, quindi, in grado di esplorare lo spazio.

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Da AI a ASI, la superintelligenza artificiale

Michael Garrett, astrofisico dell'Università di Manchester, Regno Unito, suggerisce che il misterioso Grande Filtro potrebbe nascondersi nell'evoluzione dell'intelligenzia artificiale in superintelligenza artificiale. Dopo l'incredibile progresso dell'AI, infatti, gli scienziati si stanno concentrato su un ulteriore avanzamento, che riguarda l'ASI, ovvero la superintelligenza artificiale. Si tratta di una forma di intelligenza artificiale non solo capace di superare quella umana, ma sarebbe anche libera dai limiti di apprendimento umani in termini di rapidità.

Secondo lo studio, lo sviluppo senza limiti dell'ASI potrebbe portare le civiltà a esaurirsi potenzialmente nell'arco di ducento anni. Una longevità di soli due secoli potrebbe spiegare il perché il SETI, Search for Extraterrestrial Intelligence, non ha mai rilevato l'esistenza di civiltà aliene tecnologicamente avanzate nella nostra galassia.

"Necessaria una regolamentazione urgente per l'AI"

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Secondo Garrett è necessaria una regolamentazione urgente nell'ambito dello sviluppo dell'AI. Il fisico Stephen Hawking aveva allertato circa lo sviluppo dell'AI in grado di superare quella umana. Garrett ha spiegato: "Senza una regolamentazione pratica, l'AI potrebbe rappresentare una grave minaccia per il futuro non solo della nostra civiltà tecnica, ma di tutte le altre."

In definitiva, l'astrofisico ipotizza che ostacoli insuperabili nel corso dell'evoluzione delle civiltà abbia impedito loro di diventare civiltà spaziali. "Il rapido progresso dell’AI potrebbe intersecarsi con una fase critica nello sviluppo di una civiltà: la transizione da una specie monoplanetaria a una specie multiplanetaria." Il rischio è quindi quello di vacillare nel momento in cui l'AI supera la nostra capacità di controllarla e di esplorare la nostra galassia. "In questo scenario, stimo che la longevità tipica di una civiltà tecnologica potrebbe essere inferiore a 100 anni, che è all'incirca il tempo che intercorre tra la capacità di ricevere e trasmettere segnali tra le stelle (1960) e l'apparizione stimata dell'ASI (2040) sulla Terra. Spetta a tutti noi garantire che quando raggiungiamo le stelle, lo facciamo non come un ammonimento per le altre civiltà, ma come un faro di speranza – una specie che ha imparato a prosperare insieme all’intelligenza artificiale" conclude Garrett.

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