Il cervello umano è più piccolo rispetto al passato: secondo la scienza potrebbe rimpicciolirsi ancora

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di Gianmarco Bonomo

12 Luglio 2024

Freepik

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Se c’è qualcosa per cui gli esseri umani possono distinguersi dagli altri animali è senza dubbio il loro cervello. Sede delle nostre capacità cognitive più avanzate, e non solo, il cervello è una parte del corpo che ha giocato un ruolo chiave nell’evoluzione della nostra specie. Eppure, diverse ricerche recenti hanno dimostrato come il nostro cervello si sia rimpicciolito rispetto a quello dei nostri antenati. Vediamo com’è possibile, e cosa vuol dire per il nostro futuro.

L’evoluzione del cervello nell’uomo non è così scontata

Di solito si associano funzioni mentali complesse a cervelli più grandi, e la stessa storia evolutiva dell’uomo sembra confermarlo. Dai piccoli cervelli degli ominidi e degli ominini, si è passati ai più grandi cervelli degli appartenenti al genere Homo. Per esempio, Homo neanderthalensis aveva un cervello più grande del nostro, ma questo bastava a renderlo più intelligente?

Sono diverse le ricerche che hanno trovato le prove del ridimensionamento del cervello umano. Se consideriamo le sue dimensioni rispetto agli uomini moderni di 100 mila anni fa, il nostro è circa il 13% più piccolo. In un recente articolo scientifico, il paleoantropologo Ian Tattersall ha rilevato come la riduzione sia iniziata proprio 100 mila anni fa, in un periodo corrispondente all’inizio del pensiero simbolico e del linguaggio naturale. L’idea sarebbe quella secondo cui un cervello più piccolo, ma meglio organizzato, sia essenziale per ridurre il consumo energetico che invece avevano gli Uomini di Neanderthal e i primi Homo Sapiens. Secondo un altro studio, invece, la riduzione del nostro cervello sarebbe dovuta ai periodi di riscaldamento climatico occorsi negli ultimi 17 mila anni. Di conseguenza, la fase che stiamo vivendo in questi anni porterebbe a una ulteriore riduzione.

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Un cervello sempre più piccolo negli ultimi 5000 anni

Confronto fra le dimensioni del cervello di Homo sapiens e Homo neanderthalensis a partire dal cranio

hairymuseummatt/World History Encyclopedia - CC BY-SA

C’è tuttavia un’altra teoria, secondo cui il cervello umano si sarebbe rimpicciolito in tempi molto più recenti. Questa riduzione si sarebbe concretizzata negli ultimi 5000 anni, dopo un processo durato qualche millennio, secondo quanto sostiene l’antropologo Jeremy DeSilva, principale autore di uno studio pubblicato sulla rivista Frontiers in Ecology and Evolution.

Se per Tattersall la riduzione inizia quindi 100 mila anni fa, e per Stibel invece soltanto dalla fine dell’ultima era glaciale 17 mila anni fa, secondo DeSilva le tempistiche sarebbero diverse. A innescare il processo che ci porterà ad avere un cervello più piccolo è il passaggio dalle società di cacciatori e raccoglitori alle prime civiltà complesse. La distribuzione delle conoscenze e dei compiti avrebbe quindi ridotto la necessità di un cervello grande per la sopravvivenza. Ora, non tutti sono d’accordo con la teoria proposta da DeSilva, perché non tutte le società di cacciatori e raccoglitori sono diventate complesse nello stesso periodo, come invece appare dal ridimensionamento del cervello. Altri hanno invece collegato il fenomeno all’avvento dell’agricoltura, che avrebbe portato il nostro cervello a diventare più piccolo.

Cervello più piccolo vuol dire umani meno intelligenti?

La domanda è meno banale di quanto appaia. Tattersall e gli altri antropologi parlano di una riduzione del cervello che però non implica una sua semplificazione, al contrario di quanto sembrerebbe suggerire DeSilva. Un cervello più piccolo non vuol dire, in automatico, che gli esseri umani saranno meno intelligenti: le dimensioni non sono tutto, quando si parla di materia grigia.

Infatti, molti ricercatori tendono ad associare la nostra intelligenza alla grandezza del cervello, certo, ma anche alla sua struttura e alla sua complessità. Allo stesso tempo, è pur vero che dall’avvento delle società complesse abbiamo scaricato il carico della cognizione su strumenti sempre più complessi. Resta da capire se basta questo a rassicurarsi o se, al contrario, sia utile iniziare a preoccuparsi un po’. D’altronde, con un cambiamento climatico alle porte, non si sa mai.

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