Nabta Playa è il sito astronomico più antico al mondo: risale a 7000 anni fa, prima di Stonehenge
Raymbetz/Wikimedia Commons - CC BY-SA 3.0
Da sempre l’uomo subisce il fascino delle stelle: lo testimoniano siti antichissimi come Stonehenge, e altre formazioni simili.
Si tratta di vere e proprie meraviglie preistoriche che, tuttavia, sono comunque recenti rispetto al sito astronomico più antico al mondo, Nabta Playa.
Questo luogo, situato nel Deserto di Nubia e conosciuto solo da pochi appassionati, racconta una storia di mistero e antiche credenze che lo rendono molto più che una Stonehenge del Sahara.
Ma qual è il suo segreto? Scopriamolo insieme.
La storia moderna di Nabta Playa: una scoperta inattesa
Siamo nel Deserto di Nubia, parte orientale del Sahara, a circa 800 chilometri dalle Piramidi di Giza e 100 chilometri da Abu Simbel. Come accaduto per molti altri siti archeologici, anche Nabta Playa è rimasto sepolto per migliaia di anni.
La sua storia moderna inizia infatti nel 1973, quando la guida beduina Eide Mariff porta l’archeologo Fred Wendorf a visitare delle strane formazioni nel deserto.
Si tratta di alcune pietre, in parte sepolte dalla sabbia, che potrebbero anche sembrare formazioni naturali. Wendorf tuttavia sospetta che siano opera dell’uomo, e avvia una campagna di ricerca.
Il team di archeologi ottiene i primi risultati negli anni 90, quando gli scavi danno alla luce un cerchio di pietre che sembra ricordare Stonehenge. Ma di cosa si tratta?
Per anni gli esperti cercano di trovare una risposta, fino a quando in un articolo del 1998 l’archeoastronomo John McKim Malville avanza un'ipotesi. Il cerchio di pietre di Nabta Playa sarebbe infatti allineato con le stelle Arturo, Sirio e Alpha Centauri.
Questa scoperta rende possibile la datazione del ritrovamento: Nabta Playa risale almeno al 4800 a.C., e pertanto costituirebbe il sito astronomico più antico al mondo.
Leggere le stelle dal sito astronomico più antico al mondo
John McKim Malville
Per capire l’importanza di questa scoperta, dobbiamo tornare nell’Africa settentrionale di 7000 anni fa. All'epoca, infatti, il Sahara non era ancora il deserto che conosciamo bensì una distesa di laghi e praterie.
Gli abitanti del luogo, in parte nomadi in parte stanziali, avevano una cultura centrata sull’allevamento degli uri, ritenuti gli antenati dei bovini domestici.
Si tratta, insomma, di una civiltà che influenzerà le tradizioni dell’antico Egitto e che, in tutta probabilità, leggeva le stelle dal sito astronomico più antico al mondo.
Le popolazioni che vivevano nell’area di Nabta Playa, infatti, utilizzavano il sito per scopi rituali ma anche per calcolare particolari eventi astronomici, come il solstizio d’estate. Quest'ultima era infatti una ricorrenza che segnava l’arrivo delle piogge stagionali, fondamentali per la sopravvivenza.
Anche se Nabta Playa risale a circa 7000 anni fa, ci sono tracce di insediamenti umani ben più antichi nell’area, insieme ai resti di una primitiva agricoltura.
Sarà il progressivo inaridimento del Sahara, iniziato circa 6000 anni fa, a cambiare le abitudini di quegli abitanti. E a condannare il sito astronomico all’oblio.
Perché Nabta Playa è poco conosciuto?
Nonostante il fascino di Nabta Playa, si tratta di un luogo molto meno conosciuto rispetto ad altri siti archeologici simili, come Stonehenge, o vicini, come Abu Simbel. Eppure, il cerchio di pietre ritrovato da Wendorf ha un'importanza che va anche oltre quanto sin qui abbiamo detto.
Nabta Playa infatti potrebbe essere associato all’origine della civiltà egizia, perché sarebbe una delle ultime testimonianze prima della migrazione verso nord delle popolazioni che vivevano nell’area.
Di sicuro, rappresenta uno dei luoghi più interessanti per lo studio del rapporto fra l'uomo e le stelle.
In effetti, quello che viene definito il sito astronomico più antico al mondo meriterebbe oggi una miglior fortuna, che sia fra gli specialisti, gli appassionati, o i turisti.
Proprio questi ultimi hanno danneggiato alcune delle sue pietre, tanto da convincere il Governo egiziano a trasferire il cerchio all’interno di un museo. Qui adesso è al sicuro, e può essere ammirato da tantissime persone, come non lo è stato per migliaia di anni.